C’ERA UNA
VOLTA……. Quale senso nella
Medicina Narrativa?
Con l’espressione
c’era una volta, la nostra mente rimanda a ricordi della nostra infanzia. A
storie lette da un viso di donna ancor giovane che con amore e passione ci
leggeva, ci entusiasmava, ci preoccupava, ci rallegrava……. Passa il tempo e cambiano le
situazioni. Passano eventi, passano uomini e fatti, ma in fondo in fondo se uno
ci prova, se uno si mette in posizione d’ascolto le storie sortiscono sempre lo stesso effetto. Entusiasmano, preoccupano o rallegrano, ma ora che siamo “dottori” adulti,
mai vecchi, le storie aiutano a capire. Eccone una.
Sono oramai
quasi le venti e se Dio vuole non c’è più nessuno. Siamo a oltre un’ora di ritardo rispetto al
previsto orario di chiusura dell’ambulatorio. Sono alle prese con gli invii
telematici delle certificazioni di malattie e, come sempre accade quando hai fretta,
sbagli qualche tasto e ti tocca ricominciare daccapo la procedura. Arriva, come
se fosse la cosa più normale di questo mondo a quest’ora, il signor Ludovico di
80 anni che trovando la porta aperta, incurante di tutto, si siede e comincia a
dire che ha una specie di nodo allo stomaco che da diverso tempo gli toglie del
tutto l’appetito. Lo guardo, d’istinto vorrei rispondergli in malo modo, invece,
vuoi per il rispetto della sua età, vuoi perché è rimasto vedovo da poco più di
un anno e insieme abbiamo percorso tutto
il doloroso cammino della moglie morta di cancro, faccio al volo qualche
domanda di rito: da quanto tempo precisamente, se è dimagrito e se ha nausea e
vomito. Non aspetto nemmeno le risposte, gli stampo una richiesta di analisi del
sangue vedendo che sono oltre tre anni che non le fa e lo licenzio a denti
stretti per evitare che una sua ulteriore permanenza in studio mi faccia
superare la soglia della buona creanza.
Passa
qualche giorno e Ludovico ritorna con i risultati delle analisi e mentre le sto
interpretando, mi dice: ”Sono molto preoccupato, pensi dottore, che per far
passare il nodo allo stomaco che le dicevo l’altra volta, sono costretto a
mangiare sempre qualcosa....” “ Aspetti, aspetti!” rispondo io “ ma la volta
precedente mi aveva riferito che non aveva più appetito e ora invece mi dice il
contrario? C’è qualcosa che non quadra! Facciamo una cosa, Ludovico,
l’ambulatorio è quasi vuoto, abbiamo tanto tempo per cui mi racconti tutto per
bene dall’inizio per farmi capire, mi dica tutto, anche i suoi stati d’animo e
quello che pensa possa nascondere o essere questo sintomo che mi riferisce. Le
analisi vanno bene, c’è solo un pizzico
di trigliceridi e qualche altra piccola sfumatura senza nessun significato”.
“ Dottore
mio, lei sa bene che oramai è quasi un anno che sono rimasto vedovo. Mia figlia
vive a Verona ed il figlio maschio è come se non ci fosse…passo la maggior
parte del tempo da solo. Gli amici da vecchi non si fanno e quei pochi che sono
rimasti stanno peggio di me. Ogni tanto provo a tornare al mio paese natale di Gualdo,
dove ho ancora una casetta, ma è peggio!
E’ come se fossi uno straniero, non conosco più quasi nessuno e il nodo
alla gola, allo stomaco aumenta. Tutte le volte la stessa storia . Quando si
avvicina l’ora del pranzo e della cena, mentre mi trovo ai fornelli per
cucinarmi qualcosa e parlo da solo o con la televisione, lo sento arrivare, è
come un qualcosa che mi consuma, un groppo che mi logora e che passa per un po’
dopo che ho mangiato qualche boccone e
bevuto un bicchieretto di vino…..” Mentre parla lo osservo. Gli occhi sono
lucidi ed evitano il contatto visivo con i miei, il tono della voce mesto, la
mimica è rigida e la gestualità ridotta al minimo, la barba non fatta…….penso
proprio che a questo punto la diagnosi del nostro nodo allo stomaco sia fatta.
Mi perdonino
i veri esperti del settore, ma questo è un piccolo esempio su come un approccio narrativo riesca a far
arrivare alla diagnosi senza dover ricorrere a tante tecnologie o ausili
diagnostici. Oramai non ci sono più dubbi, a fianco dell’Evidence Based Medicine (EBM
)in maniera parallela, non alternativa, si colloca la Narrative Based Medicine. (NBM).L’origine della medicina basata
sulla narrazione o medicina narrativa come preferisco chiamarla, di fatto, si
perde nella notte dei tempi: Ippocrate nel V secolo avanti Cristo definisce un
modello olistico di approccio al malato. Però, è alla fine degli anni ’70 che
lo psichiatra statunitense George Limban Engel, forte dell’eredità di Martin
Heidegger e della filosofia ermeneutica che sancisce l’inseparabilità fra Soggettività
ed Oggettività, teorizza l’approccio biopsicosociale da affiancare
a quello biomedico. Il passaggio successivo è quello dell’antropologo medico
Byron Good che per primo parla di NBM come modello per interpretare il “
vissuto di malattia “ del paziente, per arrivare ai giorni nostri con Rita
Charon che definisce nello storico
articolo del 2001 su JAMA gli obiettivi della medicina narrativa: “La Medicina Narrativa fortifica la pratica clinica
con la competenza narrativa per riconoscere, assorbire, metabolizzare,
intepretare ed essere sensibilizzati dalle storie della malattia: aiuta medici,
infermieri, operatori sociali e terapisti a migliorare l’efficacia di cura
attraverso lo sviluppo della capacità di attenzione, riflessioni,
rappresentazione e affiliazione con i pazienti e i colleghi “ . Da allora la Medicina Narrativa ha acquisito,
soprattutto negli Stati Uniti, la piena dignità di disciplina scientifica e
viene insegnata all’Università e anche da noi sta suscitando molto interesse
con progetti finanziati dall’Istituto Superiore di Sanità, la nascita di una società
scientifica e tante altre iniziative. Mi preme però porre l’accento come questa
non debba essere considerata solo un
modo per facilitare una diagnosi, sarebbe troppo riduttivo. Mettere in pratica
la narrazione significa per certi aspetti un rovesciamento di paradigma sulla
possibilità della nostra stessa conoscenza: non più un soggetto ed un oggetto
in un rapporto lineare, ma due soggettività in rapporto circolare. Ma c’è
ancora di più. Come dice il mio amico Sergio Boria, psicoterapeuta
sistemico-costruttivista, autore del
magnifico saggio:” Verso una Medicina della Complessità” che consiglio a tutti
i medici di leggere, la NBM diventa una
“pratica di etica per eccellenza. Significa basare l'idea di rispetto sul riconoscimento
dell'altro, e quest'ultimo sulla consapevolezza di sè, e di come ogni nostra
descrizione del mondo diventi in sostanza un'autodescrizione.” In parole più semplici con la Medicina Narrativa impariamo a
riconoscere non solo le emozioni dell’umano che ci troviamo difronte, ma anche
le nostre stesse emozioni, diventando di fatto degli esperti in “umanità”. Come
dice ancora il mio amico Boria ” la
medicina narrativa rappresenta un modo di procedere isomorfo al funzionamento
dei sistemi viventi.
Quest'ultimi
sono sistemi storico-evolutivi. Ciò che vive evolve, si trasforma ma sempre
all’interno di precisi vincoli organizzativi, così come una storia si muove
all'interno di vincoli narrativi.
In particolare
ciò che evolve nei sistemi viventi (ad esempio una persona, o la sua famiglia
d'appartenenza) è l'organizzazione interna al sistema e i suoi rapporti con
l'ambiente. Inoltre così come i sistemi viventi nascono, divengono e poi
muoiono, così fanno anche le storie.
Cosa sto
cercando di dire? Sto cercando di dire che
parlare il linguaggio della medicina narrativa (e cioè parlare per
storie) probabilmente vuol dire parlare un linguaggio più in sintonia con il
funzionamento della vita stessa (in salute e in malattia) e che permette al
medico e al paziente di costruire/tessere percorsi terapeutici in grado di dare risposte più adeguate alla complessità del
malessere che si vuole curare”.
E poi?
Lasciatemi chiudere alla mia maniera. In maniera semplice, forse troppo lineare
o istintiva, senza andare, apparentemente, tanto in profondità e complessità .
Ma se a Ludovico
avessi somministrato il questionario Hamilton o il test PRIME-Med come sarebbe previsto per fare diagnosi di
depressione. Se avessi usato tali strumenti al posto di ascoltare la sua
storia. Chi si sarebbe emozionato? Chi rallegrato? Chi preoccupato? Quali
immagini si sarebbero formalizzate nella nostra mente?....