lunedì 20 luglio 2020

LA DITTATURA DELL’ ALGORITMO Editoriale pubblicato sul Bollettino dell'Ordine dei Medici Chirurghi della Provincia di Perugia n2/2020

LA DITTATURA DELL ’ALGORITMO 

 

Sono stato sempre dell’idea che con il passare del tempo accumulando esperienza e conoscenza  avrei avuto una vita sempre più tranquilla e con maggiori certezze. Ero convinto che i principi e i valori che avevo ricevuto, soprattutto sulle modalità razionali e tradizionali con cui affrontare la realtà poggiassero su delle fondamenta solide ed indiscutibili tanto che  davo quasi per scontato il risultato …..ma chi poteva immaginare che nel giro di un paio di decenni cambiassero  totalmente “ i paradigmi” di vita del mondo intero?

Globalizzazione, tecnologia informatica, intelligenza artificiale, Big Data, sviluppo delle neuroscienze sono delle parole che sino a poco tempo fa rimandavano, forse, ad una letteratura fantascientifica e in effetti, gli scenari che si stanno delineando sembrano uscire dalle pagine di Asimov o di Nolan.

La comprensione scientifica del funzionamento dei cervelli e dei corpi suggerisce che i nostri sentimenti non siano unicamente una qualità spirituale umana e non riflettono alcun tipo di libero arbitrio. I sentimenti sono invece processi biochimici che tutti i mammiferi e gli uccelli usano per calcolare velocemente probabilità di sopravvivenza e di riproduzione. I sentimenti non si basano sull’intuizione , sull’ispirazione o sulla libertà-si basano sul calcolo………entro qualche decennio, gli algoritmi di Big Data alimentati da un costante flusso di dati biometrici potranno monitorare la nostra salute ventiquattro ore al giorno tutti i giorni. Potranno determinare l’esatto momento di inizio di malattie come l’influenza, il cancro o l’Alzheimer, molto prima che ci accorgiamo che qualcosa in noi non funziona. Potranno quindi raccomandare trattamenti idonei, diete e terapie quotidiane su misura, in base alla nostra personalità, al nostro fisico e al nostro DNA”.

Credo che queste considerazioni di Y.N.Harari  in “ 21 lezioni per il XXI secolo” (pag 80-83) Bompiani 2019 si commentino da sole . L’autore però non si limita solo a  dire questo. Infatti prevede un notevole sviluppo dei sensori biometrici che, applicati sul nostro corpo, avranno la funzione di convertire i processi biologici in informazioni elettroniche immagazzinate e analizzate dai computer. Pertanto c’è da aspettarsi degli algoritmi che saranno in grado di interferire con tutti i desideri, le opinioni e le decisioni. “ saranno in grado di sapere esattamente chi sei“.

Certo che se questo si avvererà , ci sono tutti presupposti perché lo sia a breve, la nostra vita e il nostro mondo cambieranno in modo veramente radicale. 

Pensiamo solo alle ricadute che questi scenari potranno avere sul nostro lavoro di medici. La prima logica conseguenza  sarà quella che gli algoritmi e l’intelligenza artificiale manderanno in pensione forzata la maggior parte di noi: radiologi, dermatologi e anatomopatologi saranno i primi, ma poi con lo sviluppo della robotica spariranno le professioni chirurgiche e poi seguiranno molte altre.

Tutto sarà regolato in modo impeccabile secondo linee guida che saranno applicate con la logica della probabilità calcolata e prevista. Tutto bello e senza problemi? Credo proprio di no.

Evito di addentrarmi in considerazioni sociologiche che esulano dalla mia competenza: la possibilità di hackerare e manipolare le scelte da parte di chi possiede e gestisce i dati. Il rischio di creare una vera e propria “ dittatura digitale” soprattutto nelle nuove “generazioni google” di nativi digitali. Credo sarà capitato a tutti noi di vedere come i nostri figli minori quando sono al volante dell’auto  si affidino  totalmente a Google Maps anche quando un minimo ascolto del proprio senso di orientamento  porterebbe in altre direzioni. Quello che voglio dire che dovremo prepararci ad una nuova e per certi aspetti vecchia patologia: la decorporeizzazione“ Gli esseri umani sono dotati di corpi. Nel corso dell’ultimo secolo la tecnologia ci ha allontanato dai nostri corpi. Stiamo perdendo la capacità di percepire odori e gusti. Mentre siamo assorbiti dai nostri smartphone e computer. Siamo più interessati a ciò che accade nel cyberspazio invece che a quanto sta accadendo a casa nostra. E’ facilissimo  parlare con mio cugino in Svizzera, ma è difficile parlare con mio marito a colazione, che sta guardando in continuazione il suo smartphone” (op.cit. pag 127-129).  Nessuno sa come evolverà questa nuova dimensione che  porta ad estraniarsi dalla realtà reale a favore di quella virtuale. Senza dubbio favorirà un sentimento di alienazione e disorientamento confondendo sempre di più la propria percezione del mio” essere-nel mondo. Matrix è dietro l’angolo, potrebbe affermare qualcuno, e senza dubbio per molti potrebbe essere un rischio possibile. 

 “ All’inizio internet era uno spazio nel quale andare, ora è uno spazio in cui essere: una norma universale pervasiva tanto quanto i mezzi di scambio (il denaro), i sistemi di fede (la religione) e i regimi politici (lo Stato). E infatti il web ha più netizens ( cittadini della rete) e più frequentatori di quanti credenti abbia qualsiasi religione. La cyberciviltà si estende lungo i fiumi digitali e i loro affluenti, proprio come la civiltà materiale ha fruito, nella storia, dei corsi d’acqua”. (Connetctography: le mappe del futuro ordine mondiale di Parag Khanna, Fazi editore 2016 pag. 461). Anche in questo libro troviamo elementi di riflessione sul ribaltamento dei paradigmi già in corso e quello che ci aspetterà in un futuro abbastanza prossimo. L’autore parte dalla considerazione che la globalizzazione oramai è un processo inarrestabile e ineluttabile e che la geografia sarà completamente  ridisegnata dalla connettività verso le supply chain ( sistema di organizzazioni, persone, attività, informazioni e risorse coinvolte nel processo atto a trasferire o fornire un prodotto o un servizio dal fornitore al cliente) o più semplicemente infrastrutture.

Connettività sia fisica che digitale che demolisce distanze, usi, costumi e tradizioni di qualsiasi comunità dichiarando la fine di ogni nazionalismo, regionalismo privilegiando il concetto di cittadino del mondo dell’era globale. 

Come dobbiamo comportarci difronte a questi scenari e a questo cataclisma che volenti o nolenti sfiora la mia generazione, ma coinvolgerà appieno quella dei miei figli e nipoti?

La parola d’ordine  sia di Harari che di Khanna è resilienza . Resilienza pragmatica aggiungo io, partendo dalla consapevolezza che la “connettività è diventato il fondamento della società globale e che le persone si connettono con il resto del mondo non attraverso la politica, ma attraverso i mercati e i media”. Essere resilienti significa capire che l’era del privilegio ereditato è finita e il futuro sarà sull’autosufficienza e non più sui diritti acquisiti anzi, non ci sarà più nessun diritto ad essere ricchi per grazia ricevuta.

Che c’azzeccano queste riflessioni nel “ qui e adesso”? Nella nostra quotidianità spesa tra una valutazione clinica di un paziente e l’ascolto della sua narrazione? Tra un disappunto per le lista di attesa e il blocco del server regionale per l’ attività del CUP e per la ricettazione dematerializzata?

Che senso ha questo editoriale concepito sull’onda dell’emozione e dello sconcerto piuttosto che su un’analisi scientifica consapevole? Non sono in grado di dare una risposta precisa. Forse l’emotività e lo sconcerto  mi hanno generato ansia ed angoscia e, come per un paziente che viene in ambulatorio a raccontarci la propria storia di malattia, per il semplice fatto di condividerla con noi, l’ansia e l’angoscia diminuisce, così ho fatto io.