martedì 16 febbraio 2016

STORIE DI VITA II

STORIE DI VITA II

Qualcuno forse ricorderà che in numero precedente del bollettino pubblicai un editoriale dal titolo a lezioni di vita. Questo che segue è un'altra narrazione sulla scia di quella: storie di donne. Ho preferito sostituire il termine lezione con  quello di storia in quanto l'obiettivo non è quello di impartire regole o dettami, ma semplicemente di raccontare delle esperienza di vita  che ogni medico vive nel proprio ambulatorio, se poi qualcuno ne ricava qualche insegnamento...meglio così!


Dalla porta chiusa cominciano a filtrare dei suoni, anzi, delle voci, meglio, una voce che immagino capace di polarizzare tutta l'attenzione della sala d'aspetto del mio ambulatorio. Sento qualcuna che parla ad alta voce, ma non riesco a capire quello che dice. Ogni tanto un coro di risate che copre tutto, poi la voce riprende. Ho già capito chi può  essere: non appena la porta si apre, infatti, e il paziente che stavo prima visitando esce, me la trovo davanti, quasi statuaria, con i suoi onnipresenti Rayband da aviatore portati anche nelle giornate più buie, con le mani che abbracciano i propri fianchi come nelle foto di Mussolini e con quell'espressione ironica che l'accompagna sempre, anche in momenti in cui forse c'è poco da essere allegri.
Antonina ha  94 anni portati con grinta ed orgoglio, è vedova da più di due decenni. Alta come un soldino di cacio, ma dalla corporatura tozza e robusta. Ha anche patito un intervento di gastrectomia totale per un tumore maligno, che, come dice anche lei, nulla ha potuto contro la sua "tigna", ostinazione per i non perugini.
E' stata anni senza che si facesse mai vedere ma la sua assenza era  controbilanciata dalle ossessive visite di suo marito che, invece, non poteva fare a meno di sedersi davanti a me quasi una volta alla settimana.
Quest'ultimo era quello che il gentil sesso definirebbe un bell'uomo. Anche se l'ho conosciuto oramai settantenne, me lo ricordo, però, entrare nel mio studio sempre in giacca e foulard al collo, con in mano il cappello alla borsalino d'inverno o un'elegante paglietta d'estate. Le "voci" del quartiere lo davano come un grande conquistatore di femmine, ovviamente nel passato, e che quella santa donna di sua moglie era stata costretta ad "ingoiare rospi" e a chiudere tutti e due gli occhi spesso e volentieri.
Era il classico esempio di uomo che dal nulla aveva creato una posizione sociale di tutto rispetto: un'azienda di commercio all'ingrosso, un grande deposito di merci, una decina di dipendenti, un parco di autovetture....."sono partito alla fine degli anni '50 con la mia cinquecento giardinetta e con il garage che fungeva  anche da magazzino...". Non gli si poteva certo dar torto, peccato, però, che tutta la sua baldanza  si annullava ogni  qual volta si sedeva davanti alla mia scrivania. Era infatti un susseguirsi di sintomi a raffica, frutto più dell'ansia che di patologia organica vera e proprio, una continua richiesta di analisi ed accertamenti che molto spesso mettevano a dura prova la mia capacità di sopportazione, ma, come spesso accade, dopo anni passati  ad invocare sintomi e malattie immaginarie, ecco che arrivò una leucemia mieloide acuta che lo ha fulminato in pochissimi mesi.
E' a questo punto compare  sulla scena lei, sin ad allora quasi sconosciuta. All'inizio sembrava che avesse raccolto l'eredità del marito non solo patrimoniale, ma anche nelle abitudini "patologiche".....un giorno il mal di testa, un altro giorno la lingua che brucia, un altro giorno ancora la testa vuota e così via: viene passata in rassegna la maggior parte della sintomatologia che quotidianamente affolla i nostri ambulatori.
Tra un profilo biochimico, una radiografia ed una terapia farmacologica passano i mesi e qualche anno. Con frequenza quasi mensile viene a studio e, mentre aspetta il suo turno, intrattiene tutta la platea della sala d'aspetto con le sue battute e le sue considerazioni tutte incentrate sui limiti e sull'inutilità della scienza medica. Cita continuamente fatti e persone di sua conoscenza che hanno subito errori, ritardi nella diagnosi o nella cura, ma in modo ironico, senza astio o tensione nervosa.
Il suo cavallo di battaglia, però, è l'aneddotica a contenuto "erotico" nel rapporto medico uomo e paziente donna. Inizia con delle affermazioni generiche, definiamole di costume, per arrivare poi a citare nomi di colleghi, suoi coetanei, oramai defunti o in pensione da diversi anni inserendoli in situazione da "barzelletta" come se fosse niente, senza rendersi minimamente conto di poter rischiare una querela per calunnia o diffamazione. Anche su di me, mi raccontano poi i miei pazienti che assistono alle sue esternazioni, non lesina battute ambigue o maliziose allorché  qualche giovane paziente femmina stia in visita dentro il mio studio.
Di solito, difficilmente lascio correre, ma con lei preferisco sempre limitarmi a qualche generica modalità di contenimento perché, per come l'ho inquadrata, se mi permettessi di rispondere in modo pungente avrei una reazione di ritorno che forse mi costringerebbe a scendere a dei livelli non consoni per un medico.
Cinque o sei anni fa, però, al ritorno dal suo lungo soggiorno estivo nella residenza di campagna, mi chiama a domicilio perché " le gambe non la reggono", è sempre stanca e non ha più nemmeno la voglia di parlare male dei medici. Arrivo al suo capezzale e subito mi colpisce il suo pallore cutaneo e il suo aspetto dimesso e il suo dimagramento. Raccolgo l'esame obiettivo e contestualmente richiedo degli esami ematochimici di cui prendo visione qualche giorno dopo sempre a domicilio della stessa. " Cara Antonina, abbiamo un'emoglobina di 5,2, bisogna ricoverarsi in ospedale e abbastanza in fretta!" Come c'era da aspettarsi, la mia proposta viene immediatamente respinta:" Mi lasci stare, dottore, oramai sono vecchia, mi lasci morire in pace sul mio letto!". Mentre proseguo nella mia opera di convinzione, il mio sguardo cade sul ripiano del comò di noce massello della camera da letto che è tutto "imbandito" dalle foto del suo povero marito ritratto nello splendore della sua giovane età matura. " Dia retta Antonina, lo faccia se non altro per rispetto della memoria del suo sposo.....pare che la stia guardando!" Dopo una breve pausa di silenzio condito dal suo sguardo a metà strada fra l'ironico ed il compassionevole:" Caro dottore, ha voglia di prendermi in giro! Adesso lo vede lì tutto tirato a lucido, con l'espressione  e l'atteggiamento di un attore del cinema, ma sapesse che tipino che era! Ha creato un'azienda dal nulla, è vero, ma se non ci fossi stata io al suo fianco, l'azienda sarebbe andata a rotoli da un bel pezzo e ai nostri figli non sarebbe rimasto niente.
Le non sa, quanto le donne siano terribili e come possano decidere la fortuna o la sfortuna di voi poveri uomini! Quando vengo in ambulatorio  e comincio a fare le battute sul lavoro dei dottori e sulle loro "avventure", so benissimo che sono le pazienti che giuocano con voi come il gatto con il topo e voi siete solo delle vittime...
Lei deve sapere dottore che ho sempre capito che mio marito, veramente un bell'uomo, non poteva accontentarsi solo di me che sono sempre stata abbastanza brutta. Quando poi è arrivato il vero benessere  economico e tante donne hanno cominciato a girargli intorno, mi sono detta Antonina.... nervi saldi, pazienza ma determinazione. Ho sempre controllato i  suoi movimenti, ho  sempre fatto finta di non vedere gli occhi dolci che impiegate, clientela femminile, vicine di casa continuamente gli facevano. Ho tollerato sempre le sue scappatelle facendo del tutto che rimanessero tali, ma intervenivo con fermezza quando capivo che stava nascendo qualcosa di più serio. Sapesse quanti magoni ho dovuto mandare giù, ma lo facevo, che dovevo fare? Qualche volta mi era anche venuta l'idea di fare fagotto e andare via. Una volta sono stata anche tentata, Dio mi perdoni, di tagliargli la gola mentre dormiva, ma poi? Che avrei ottenuto? Solo miseria e rovina. Appena i figlioli sono cresciuti li ho fatti subito inserire nell'azienda: chi nella contabilità e chi nel rapporto con i clienti e quel punto il giuoco era fatto. Poi è arrivata la vecchiaia, i bollori si sono spenti e io ho cominciato a stare più tranquilla, anzi era lui che mi cercava continuamente affinché lo rassicurassi e lo consolassi per le sue malattie e poi è mancato e così anche io ho potuto pensare ai miei acciacchi, prima non ne avevo il tempo.
Adesso, dottorino, che ha saputo tutto mi lasci in pace, stia attento a quando una femmina viene a farsi visitare da lei e voglia bene a sua moglie!".
Ho riempito il foglio con la richiesta di ricovero, ho detto che avrei telefonato ai figli che l'avrebbero condotta in ospedale. Sono uscito pensando alla sua storia, forse una storia come tante per quei tempi, oggi probabilmente improponibile.
Per informazione Antonina si è ricoverata, è stata sottoposta ad intervento di gastrectomia totale per un tumore maligno dell'antro gastrico che l'aveva anemizzata, sono trascorsi più di sei anni ed è tuttora viva e vegeta e viene ancora, se pure a braccetto con la badante, a dare spettacolo nel mio ambulatorio.






venerdì 12 febbraio 2016

Post su Facebook del 30/01/2016

Se mi venisse chiesto quale situazione è più difficile da gestire per un medico...non avrei dubbi! Gestire il silenzio. Il silenzio del paziente che non trova il coraggio di iniziare a parlare, il silenzio di quello che smette di parlare, gli occhi che diventano lucidi, lo sguardo che evita il contatto, il cambio del timbro della voce. Silenzi interminabili, silenzi comunque rumorosi e assordanti. Il silenzio del paziente privo di coscienza, il silenzio dei familiari che aspettano una tua risposta.......il silenzio mio di quando non so che dire o rispondere. L'esperienza mi ha insegnato che molto spesso la risposta al silenzio è un altro silenzio..