Voglio cominciare con una provocazione, in pratica, come da un po' è mia abitudine,
voglio cominciare con una brevissima
narrazione, veramente molto breve.
Vorrei raccontarvi la storia di un mio
amico che dopo il liceo si ritrovò a
frequentare il corso di laurea in medicina
e chirurgia, senza una vera e propria motivazione, intendendo cioè una motivazione consapevole e
precisa, erano ancora i tempi in cui il numero chiuso era di là dal venire ed
erano i tempi ancora in cui fare il medico rappresentava forse il
raggiungimento di un qualche status symbol, ma non fu certo questo il
motivo di quella scelta. Qualcuno ha detto che si sceglie di fare il medico anche per esorcizzare la propria angoscia di
morte e potrebbe anche essere stato così, ma più probabilmente c'era una voglia
inconsapevole di avere delle risposte, di darsi delle risposte sulla propria
condizione di essere umano e di esseri umani. Insomma con il senno del poi,
potremmo dire che forse in lui era tanta la voglia di chiudere il cerchio di arrivare cioè, attraverso lo studio della
medicina, a delle conclusioni a delle
definizioni più o meno esaustive sul significato di essere uomini.
Una
volta laureatosi Il Nostro scartò quasi subito, a quei tempi si poteva ancora
scegliere, l'attività ospedaliera, era infatti irrespirabile per lui quell'atmosfera
di impacchettamento, di procedere per algoritmi gerarchicamente imposti e si
mise pertanto a fare il medico di famiglia dove se non altro c'era una maggiore libertà di movimento e di autodeterminazione.
Dopo poco però, si accorse che questo benedetto cerchio non si chiudeva, anzi,
gli estremi molto spesso di allontanavano ed erano pertanto necessari altri
strumenti. Ecco allora che il Nostro amico fece un percorso formativo per
psicoterapeuti con entusiasmo ed impegno, forse per poter fare anche lo psicoterapeuta ma più probabilmente per
fare il medico di famiglia in modo migliore. Alla fine di questo percorso era
convinto di essere arrivato, di poter avere tutto sotto controllo e di
avere tutte le risposte. Macché!
Dopo qualche anno di apparente stallo, più
per curiosità e anche per opportunità, ma sempre con un atteggiamento,
passatemi il termine, euristico il
Nostro decise di percorrere la strada della medicina non convenzionale. Si
addentrò nello studio dell'omeopatia, subì il fascino quasi mistico dei poteri
dei rimedi, dell'inquadramento costituzionale, si perse un po' fra unicismo e complessismo
e si rese conto di aver si aggiunto ulteriore sapere, ulteriore conoscenza,
tutto bello, tutto buono, ma il cerchio non si chiudeva.
Dopo un altro po' di tempo, durante le sue sempre
più frequenti navigazioni da internauta, per caso, anche se la casualità è per
me un concetto relativo, visita un sito, a prima vista uno come tanti, era un sito che parlava di una festival, il
festival della complessità, con seminari dal titolo accattivante e con una
serie di documenti che spaziavano dalla sanità, alla pedagogia, alla
filosofia...... Fra gli organizzatori e promotori c'era un'Associazione,
l'Associazione Italiana di Epistemologia e Metodologia Sistemiche che
indirizzava ad un proprio link e ad un proprio sito. Venivano proposti libri,
incontri ed il Nostro mosso sempre dalla sua curiosità partecipò al congresso
che veniva segnalato e fu colpito dal tipo di relazioni prodotte e dagli
argomenti affrontati.....da lì il contatto, l'esperienza di una vacanza studio
e tanta voglia di ricominciare.
Ha
chiuso il cerchio finalmente il nostro amico? Assolutamente no, ma in questa
fase del percorso che è ancora del tutto
iniziale, quello che è maturato e che risulta chiaro è il convincimento che
forse non è possibile chiudere questo benedetto cerchio anzi, forse non è
nemmeno salutare ed opportuno chiuderlo, ma il concetto maturato è che, forse quello che è veramente ecologico, è
un atteggiamento, passatemi il termine, simile ad una raggiera con un centro da cui si dipartono tanti raggi
rivolti verso l'esterno, che vanno a cercare i raggi provenienti da altri
centri.
Relazioni mie che si connettono con gli
altri, in una rete di connessione globale e sistemica da cui nasce
probabilmente la nostra conoscenza e la nostra
vita stessa.
E' con la provocazione e la suggestione di
questa immagine che lascio la parola ai relatori della giornata.
Articolo molto interessante che pone le basi per un'importante riflessione: in che modo il MMG deve "reinventarsi" per non rischiare di diventare una figura anacronistica?
RispondiEliminaIl discorso è semplice e complesso allo stesso tempo. Il primo consiglio che mi sento di dare è quello di essere sempre curiosi. Per non essere anacronistici bisogna rimanere aperti non solo come medici, ma soprattutto come uomini, poi il resto viene quasi da solo
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