I medici italiani
sono allo sbando!.......i medici italiani sono allo sbando?
Scusate la
modalità forse un po' strana del titolo, ma l'obiettivo di questo editoriale è
quello di stimolare qualche riflessione in modo che alla fine ognuno possa
concludere questa proposizione " i medici italiani sono allo
sbando" con il punto esclamativo o con
quello interrogativo.
Questa, per lei, affermazione
è stata fatta dalla senatrice del Partito Democratico Annalisa Silvestro ex
presidente nazionale degli Infermieri d'Italia nel corso di un
incontro-dibattito organizzato dai Collegi infermieristici di Matera e Salerno
e riportata in un video che è diventato virale nei gruppi social frequentati dai medici. La Silvestro contestualizza questa
sua affermazione con il fatto che noi " non riusciamo più a trovare
l'elemento su cui avere una posizione culturalmente dominante", e, fino
qui potremmo stare anche in silenzio: non è detto che la logica del dominio in
senso stretto ci possa o debba interessare, ma il problema è che la stessa
tenta di far passare il concetto che oramai non abbiamo più nessuna posizione culturale. Senza mete
ed orizzonti, senza ideologia e politica professionale, senza più consensi né
fra la gente né fra i politici e per questo saremo sopraffatti da una categoria
numericamente maggiore, la sola poi in grado di garantire la vera continuità
assistenziale. Mi pare giusto riferire anche che come indicatore di tutto ciò,
usi la scarsa adesione e l'assoluta assenza di risonanza mediatica dei nostri
scioperi e in particolare dell'ultimo del 16 dicembre u.s. organizzato
dall'intersindacale medica: " Non se ne è accorto nessuno".
Ritengo anche doveroso
riportare come sempre la stessa Senatrice sia al centro di circostanziati
attacchi sui suoi presunti conflitti d'interessi in merito agli emolumenti che
percepisce, in virtù di una sua partecipazione diretta ad una società
assicurativa che gestisce polizze professionali per infermieri, ma questo è un
problema suo.
Ben più contestualizzate,
senz'altro oltre la logica, forse, del comizio elettorale, sono invece le
affermazioni e le considerazioni del sociologo Ivan Cavicchi che è docente
presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Tor Vergata di
Roma di : sociologia dell'organizzazione sanitaria, logica, filosofia della
scienza, filosofia della medicina, come leggiamo nel suo sito internet. Il
Nostro, inoltre, ha ricevuto la laurea in Medicina e Chirurgia honoris causa dall'Università degli
Studi di Chieti, ha scritto numerosi libri che spaziano dalla bioetica
all'epistemologia, dalla politica sanitaria all'antropologia medica e può
essere, insomma, giustamente considerato un vulcano ad eruzione continua di
idee e considerazioni sul nostro mondo di medici. La sua ultima fatica è un eBook dal titolo:" La questione
medica", dal sottotitolo:" Come uscire dalla palude", che è una
raccolta in maniera ragionata di tutti i suoi articoli usciti su Quotidiano
Sanità dal 2012 sino alla fine del 2015 in cui si dipana tutto un ragionamento
che analizza la crisi dell'essere medico oggi in tutti i suoi aspetti, ne
contestualizza i vari scenari provando anche ad ipotizzare le possibili vie di
risoluzione. Nel mese di gennaio 2016 ha pubblicato ben quattro articoli,
sempre su Quotidiano Sanità, che sintetizzano in un certo qual modo la "
questione medica" negli aspetti della nostra politica professionale, della
nostra rappresentatività istituzionale e della nostra strategia. Non nascondo
che in qualche passaggio ho fatto fatica a mantenere la calma durante la
lettura, ma se è vero come dice il proverbio che:" la lingua batte dove il
dente duole!" Significa che se non altro anche dal mio punto di vista la
questione medica è un problema. Provo a fare una sintesi di questi quattro
articoli.
Tutto il ragionamento parte
dalla notizia dello sciopero indetto per marzo prossimo dall'intersindacale
medica.
" Un nuovo
sciopero dei medici. Ma ‘ndo vai se la banana nun ce l’hai? Il nuovo sciopero
di 48 ore annunciato dai sindacati medici sarà forse un ballon d’essai,
forse no. Ma resta il fatto che è stato convocato senza che sia stata fatta una
analisi del percorso fatto sino ad ora, degli insuccessi accumulati, dei rischi
di ulteriore delegittimazione e delle gravi conseguenze che potrebbero
derivarne.... Quando non
c’è la cena da servire è discutibile scioperare perché la tavola non è
apparecchiata. Rinnovare contratti e convenzioni mentre la professione
è vittima di cambiamenti che non controlla, che subisce, che la impoverisce
fino a rischiare lo snaturamento del suo paradigma, ha meno senso di ieri."
Ho estrapolato queste due considerazioni dal primo articolo per
far capire il tono usato e che il messaggio da ricevere è quello che pensare
alla questione economica senza pensare ai contenuti professionali è un non
senso. Ben più pesante però, è l'addebito fatto nel secondo articolo alla
categoria medica e soprattutto ai suoi generali, intendendo con questi i nostri
rappresentanti istituzionali.
"...Se dovessi riassumere le caratteristiche antropologiche
medie della categoria dei medici direi che essi sono:
· “individualisti” i medici sono inclini ad anteporre
agli interessi collettivi quelli propri individuali,
· “utilitaristi” per i medici utilità e interesse
sono la stessa cosa , entrambi sono il criterio base dell’azione morale,
· “opportunisti”i medici quando è il caso ritengono di
rinunciare ai propri principi e accettare compromessi,
· “immanentisti” per i medici esiste solo il
presente cioè il tempo degli interessi concreti e reali ,essi per quanto
si sforzino non riescono in genere a vedere il mondo più in la del proprio naso
per cui per loro il futuro non esiste,
· “conservatoristi” essi avversano i progetti
utopistici, i mutamenti troppo radicali, hanno scarsa capacità ideative e
progettuali, in genere stanno bene nello status quo e se qualcosa cambia si
adeguano passivamente.......... Ma è solo questione di
generali? Purtroppo no. Se fosse così banale basterebbe cambiarli, per quanto
sia un’impresa tutt’altro che semplice e che comunque dovrebbe ammettere
la possibilità di avere dei generali alternativi (ma ci sono?). Il problema si
accresce enormemente quando i generali sono tali in ragione di un’organizzazione
storicamente definita e riassumibile in pochi concetti:
· pansindacalismo, il principio sindacale
dell’interesse contrattuale permea per intero l’intero arco della
rappresentanza medica vale a dire sindacati, ordini, istituti
previdenziali e in qualche misura anche le società scientifiche,
· oligarchia, i generali più importanti cioè con
maggiori deleghe soprattutto dei sindacati autonomi costituiscono una
elite che decide praticamente tutto,
· comparaggio associativo tutte le decisioni e
le scelte ma soprattutto le nomine, quindi i compensi, sono il
frutto di accordi interni, alleanze, scambi convenienze
reciproche....soprattutto in casa Fnomceo e in casa Enpam,
· opposizione complementare, la minoranza è
per lo più legata a competizioni interne di potere pur manifestando
dissensi su questo o quel singolo problema essa non ha un
programma, una strategia e in questo modo non solo non è visibile
ma non ridiscute mai strategie, modelli, e assetti,
· opportunismo variabile il consenso
interno è regolato alla distribuzione delle utilties di ogni tipo ad ogni
livello. I medici sono tutti sempre molto coperti, ognuno di loro ha sempre un
piccolo interesse da difendere che gli suggerisce di non compromettersi con
commenti e prese di posizione,
· interessi personali tutti gli spazi
importanti dell’arco della rappresentanza medica compreso Fnomceo e
Enpam sono occupati dall’elite che sovrasta sul sistema dei sindacati
autonomi e danno luogo a redditi personali importanti...."
Il terzo articolo è più indirizzato alla strategia:".... La
piattaforma rivendicativa dei medici tradisce una debolezza che nessuna
vertenza seria di nessun tipo può permettersi pena il rischio di andare fuori
gioco, che è quella di essere fuori contesto, cioè di essere implausibile. Essa
è in effetti implausibile non per quello che chiede, perché quello che chiede
se i contratti funzionassero sarebbe dovuto, ma perché è totalmente
indifferente al contesto, alle politiche in essere, alle caratteristiche della
sua controparte, perché propone un interesse comunque autoriferito e in questo
senso egocentrico. Sono ormai 10 anni che i medici sono sconfitti sul campo
ma la ragione della loro sconfitta permanente non è un difetto di mobilitazione
perché quando vogliono sanno mobilitarsi ma è il loro pretendere di invertire
l’ordine delle cose, indifferenti al mondo che cambia....". L'ultimo
articolo rinforza il concetto del precedente:" .....Perché i
medici e i loro generali hanno paura del cambiamento? I medici sino ad ora hanno messo in fila una
serie di sconfitte nel senso che tutte le loro battaglie sono risultate alla
prova dei fatti “inconseguenti” cioè non hanno prodotto risultati. Il motivo?
Nessuna vera piattaforma per rimettersi in gioco da vincenti."
Allora...proviamo
a rispondere a queste considerazioni, provocazioni? Da parte mia la risposta
non mancherà nel prossimo editoriale, sarebbe interessante avere anche il
parere di molti altri colleghi.
Carissimo Doc, è sempre un piacere leggerti per la grandiosa capacità di sintesi che hai nel narrare. Conosco pochissimo della tua azione e quello che so è riferito, però vorrei davvero essere informata delle tue pubblicazioni (scientifiche e non) perchè è davvero un arricchimento leggerle. Una considerazione finale: quale è il tuo personale parere sulla crisi regionale legata alla Sanità che in Umbria si sta consumando? Se ne hai scritto sarei curiosa di leggerla, se no...perchè non lo fai? Anche tra pochi intimi o in privato, sono curiosa di conoscere la posizione di uno che sento davvero vicino nelle posizioni. Grazie!
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