COSTRUZIONE COMPLESSA DELLA RELAZIONE DI CURA IN MEDICINA DI FAMIGLIA
(TESTO DEL MIO INTERVENTO)
E' probabilmente più facile per un medico che
lavora con malati acuti o ricoverati in
ospedale interagire e relazionarsi con i propri pazienti: i ruoli sono
definiti, le richieste e le risposte sono abbastanza canoniche e omogenee. Non
è la stessa cosa, invece, per un medico
di famiglia che sempre più spesso deve costruire una relazione di cura con i
propri assistiti che il più delle volte sono portatori di tanta patologia
cronica o al contrario anche sani.
Se mettiamo in conto, inoltre, come siano
cambiati i pazienti in questi ultimi venti anni ci accorgiamo come il lavoro del
nostro medico di famiglia sia diventato complesso. Complesso non significa
complicato, ma nell'accezione etimologica dal latino complector vuol dire legato, unito
tutto in sé, concatenato, di sistema costituito da molti parti interagenti che
influiscono una sull'altra. La Medicina di famiglia da tempo ha dovuto superare l'approccio
riduzionista che concepisce il malato come un portatore di patologia d'organo,
ma è stata quasi obbligata all'approccio relazionale, un approccio cioè, che
pur mantenendo le basi sulla conoscenza scientifica ha dovuto svilupparsi in
maniera circolare su una conoscenza dell'uomo a 360°.
Già negli anni '60 veniva detto come la
Medicina Generale o di Famiglia avesse la funzione di mediare la soggettività
dei pazienti con l'oggettività della scienza medica, ovvero di desumere dall'Illness il disease e pertanto si è dovuta organizzare e apprendere sul campo degli atteggiamenti e
delle modalità operative che non ha certo imparato all'Università. Fino ad ora,
forse per qualcuno, coniugare competenza scientifica e competenza relazionale
poteva essere considerata un'opzione, ma con i pazienti attuali deve invece
essere considerata una prassi consolidata e obbligatoria, pena il fallimento di
quasi sforzo e percorso terapeutico. Ci chiediamo in questo workshop quale paziente oggi? Cerchiamo di dare delle risposte. Senza dubbio un
paziente rispetto al passato più vecchio, con maggiori richieste di assistenza
in quanto portatore di più patologie e
perché ha anche in mente un nuovo
concetto di salute, in un contesto sanitario dove è sempre più presente la tecnologia, lo sviluppo dell'ICT, ma con
risorse economiche sempre minori. (1)
L'invecchiamento del paziente
comporta un forte aumento della cronicità, di comorbidità, e la pluripatologia
obbliga ad un approccio multidisciplinare, ad una forte interazione fra figure
sanitarie mediche e non mediche con un forte carico assistenziale di tipo
infermieristico.
Il paziente di oggi è diverso da
quello di ieri anche perché vive il concetto di salute in modo diverso (2) :
non più l'assenza di malattia, ma una soggettiva percezione di benessere e
sufficiente funzionalità di se stessi nel proprio ambiente. In altre parole il
saper convivere con la propria patologia anche in relazione ai propri vissuti e
alle proprie narrazioni di vita ed al proprio grado di resilienza. Ecco da
tutto ciò deriva l'importanza della Medicina Narrativa (3) per entrare e
"comprendere " il paziente e co-costruire insieme a lui un percorso
terapeutico. Fare raccontare e far narrare il paziente significa farlo
riflettere sulla propria condizione e intravederne un senso che gli permetta di
accettarla più facilmente e viverla in una prospettiva meno negativa. Significa
facilitare lo sviluppo della resilienza (4) che è la capacità di far fronte in
maniera positiva gli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la
propria vita difronte alle difficoltà. Significa far sviluppare l'empowerment (5): la propria
responsabilizzazione individuale, la capacita di sapersi organizzare e gestire
il proprio percorso terapeutico. Fondamentale sarà anche da parte nostra adottare un approccio proattivo, vale a dire
riorganizzarsi sia dal punto di vista tecnologico che delle metodologie e
soprattutto delle competenze, in modo tale che il sistema medico-paziente-
contesto sanitario sia in grado di percepire in anticipo le tendenze di salute
per prevenirne le evoluzioni patologiche: sviluppo quindi della medicina
d'iniziativa.
Ne rispondere alla domanda quale paziente oggi ? Non posso fare a
meno di chiedermi quale medico oggi? In
un'ottica complessa e sistemica infatti è impossibile concepire un soggetto
separato da un oggetto, ma tutto è visto
come delle parti di un sistema interagente che si condizionano e si progettano secondo un principio di
reciprocità. Il più delle volte,
pertanto, in medicina di famiglia oggi, la relazione di cura si instaura con un
paziente affetto da patologia cronica che non guarisce, in terapia continua con
molti farmaci. Una patologia che sconvolge lo stile di vita del paziente e la
cui gestione richiede molta consapevolezza perché alla fine la vera
responsabilità della cura è del paziente stesso. Il percorso della cura non è
centrato più sulla malattia, ma sul paziente che diventa quindi il responsabile
del trattamento, assume un ruolo attivo e indipendente e il ruolo del medico
diventa spesso quello dell'educatore, del consulente e del facilitatore. A noi
medici occorrono pertanto oltre alle
competenze cliniche, anche competenze psicosociali e pedagogiche: è obbligo
essere consapevoli che prendersi cura di un paziente vuol dire utilizzare la
relazione come uno strumento per facilitare la sua autonomia e
responsabilizzazione nella cura. A corollario di quanto esposto ritengo
opportuno accennare a questo progetto di ricerca su cui stiamo lavorando che disegna
un nuovo modo di costruire la relazione di cura in modo complesso:"
L'Educazione Terapeutica (6) di gruppo e la Medicina Narrativa come nuovo
approccio di cura per i pazienti con diabete mellito tipo 2" (Natalia
Piana, Tiziano Scarponi, Francesca Fulvi).
L'obiettivo della ricerca è quello di migliorare la qualità della vita,
il sentimento di auto-efficacia ed il compenso metabolico dei diabetici di tipo
2 arruolati: entrambi i generi di età
compresa tra 45 e 75 anni con AbA1C >8.0% senza scompenso cardiaco e
limitazioni motorie. Saranno costituiti 7 gruppi di 10 pz gestiti da 1 o più MG.
che si riuniranno in 6 incontri di 1,5 ore a cadenza quindicinale presso gli
ambulatori dei MG. Sono previsti anche 3 incontri di macro-gruppo per andare a
camminare insieme ( attività outdoor). In questi 6 incontri in piccoli gruppi i
pazienti verranno informati, educati alla gestione della malattia, della dieta
, e dell'attività fisica attraverso l'utilizzo
della narrazione e della scrittura di sé e della propria storia per far
emergere le rappresentazioni e i vissuti legati alla malattia, far
acquisire maggiore consapevolezza di sé, motivare al cambiamento e alla cura di
sé. Come indicatori saranno utilizzate le determinazioni dell'AbA1C al momento
0 a tre e sei mesi e la somministrazione all'inizio ed alla fine della ricerca
dei questionari Health Survey Short Form-36 (7) e Self-Efficacy Scale (8). La
ricerca partirà a Settembre e per il momento è stata fatta la formazione ai MG
con uno stage residenziale di Medicina
Narrativa di 3 giorni che si è tenuto nel mese di Aprile sotto la direzione
della dottoressa Natalia Piana pedagogista che supervisionerà tutto il
progetto.
Questo senza dubbio è una costruzione
complessa della relazione di cura!
Bibliografia
1 (Scarponi T.2014. Anziani, medicina
generale, medicina della complessità. Sistema Salute vol.58 n1 10-13)
2 (
Machteld Huber et al. How should we define health? BMJ 2011;343:d4163)
3 (R.
Charon, Narrative Medicine: A Model
for Empathy, Reflection, Profession, and Trust,
JAMA, 2001)
4 (Domenico
Di Lauro, La resilienza. La capacità
di superare i momenti critici e le avversità della vita, Milano, Xenia
Edizioni, )
5 (Aujoulat I, Marcolongo R,
Bonadiman L, &Deccache A. Reconsidering patient empowerment in chronic
illness: A critique of models of self-efficacy and bodily control.
6 (WHO Europe, Therapeutic Patient Education, Continuing
Education Programmes for Health Care Providers in the Field of Prevention of
Chronic Diseases, 1998)
7(Apolone G., Mosconi P.: The Italian
SF-36 Health Survey: translation, validation and norming. J Clin Epidemiol 1998; 51: 1025-1036. Schwarzer,
R.,Jerusalem, M. 1995)
8
( Generalized Self-Efficacy Scale. In J. Weinman, S. Wright, M. Johnston,
Measures in health psychology: a user’s portfolio. Casual and control beliefs
(pp. 35-37), Windsor, England)
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