I MEDICI ITALIANI SONO ALLO SBANDO? (seconda parte)
Sono diversi giorni che sto provando a buttare giù questo
editoriale, ma ogni volta mi fermo dopo le prime due o tre righe e ricomincio
daccapo...il motivo? Forse perché parto con il presupposto di dover fare il
contradditorio alle affermazioni di
Ivan Cavicchi come avevo promesso nell'ultimo Bollettino, ma evidentemente non
è quello che dentro di me sento di poter fare.
Ho letto e riletto diverse pagine della "Questione
Medica" e molte altre considerazioni fatte dal Nostro in diverse
circostanze e devo ammettere, come asserisce anche il collega Hanke nello
scritto che seguirà, che purtroppo molte sue affermazioni corrispondono a
verità.
Le cause che stanno determinando l'esistenza della " Questione
Medica" sono molteplici: dal tirare in ballo Zygmunt Bauman con la sua
definizione di "società liquida" o parlare della crisi valoriale che
sta spazzando via tutte quelle certezze che nel bene e nel male avevano guidato
sino ad ora la nostra società
occidentale. Invocare la crisi economica che sta facendo maturare sempre più in
maniera forte il concetto di sanità come
spesa piuttosto che come diritto. Sottolineare i cambiamenti di paradigma che
di fatto hanno messo in crisi i fondamenti della scienza positivista che ancora invece anima la
medicina. Un nuovo concetto di salute che considera il paziente non più come un
ricevitore passivo di consigli e terapie, ma come un soggetto attivo dotato di
autodeterminazione, capacità di scegliere e portato all' empowerment.
Difronte a questo scenario quale è stata la risposta
nostra? Dispiace dirlo, ma si è risposto ignorando il problema e allora le
conclusioni di Cavicchi sono forse giustamente impietose "......Nel
momento in cui il ruolo storico è liquidato ma non ridefinito, cioè non è
rimpiazzato con un altro ruolo deciso volontariamente dal medico, nasce la questione
medica. Il saldo tra vecchio medico e nuovo medico non è a vantaggio
del medico nel senso che ad un certo tipo di medico oggi corrisponde solo
la sua negazione il non medico ma non la sua riaffermazione". Ecco pertanto le responsabilità
storiche della nostra categoria, soprattutto di chi istituzionalmente doveva
essere in grado di anticipare il cambiamento prevedendo la complessità dei
contesti, i cambiamenti in atto ed invece ha fatto finta di nulla o minimizzato
la portata dei problemi. Ecco perché i medici sono "immanentisti":
pensano cioè solo al problema del giorno, vivono alla giornata. Ed ecco perché
"....Oggi i medici si trovano male
(molto male):
· perché quel peso sociale che avevano una
volta non ce l’hanno più;
· perché il consociativismo con la
politica al quale erano abituati non c’è più;
· perché è stata superata financo la
concertazione, cioè essi sono stati esclusi dalle scelte e dalle decisioni;
· perché è in atto una trasformazione
politico-istituzionale in ragione della quale il governo tende a diventare
sempre più autorevole e centralista, e i medici nelle diverse istituzioni non
solo non possono fare niente ma alla fine devono allinearsi;
· perché, come è stato già detto, le
ragioni dell’economia ormai a proposito di
sovrastruttura non guardano in faccia più
nessuno, medici compresi, cioè soprattutto con la crisi economica del paese, i
giochi sono diventati altri".
Tutto perduto?
Tutto andato? Forse no! Lo stesso Cavicchi individua la causa che potrà
determinare lo sblocco: l'immobilismo e il malessere della categoria medica non
va certo a vantaggio del cittadino, ma determina uno svantaggio sociale a tutti
i cittadini. Condizione indispensabile, però, è che i medici non indirizzino le
loro energie e rivendicazioni per invocare il ripristino del ruolo e della
modalità dell'essere medico di una volta, riproporre cioè dei modelli oramai
superati e sepolti. La carta vincente è quella di una svolta, di una
ridefinizione della propria figura alla luce dei nuovi modelli relazionali,
gestionali e alla fine ontologici. Ne saremo in grado? Spero, anzi credo di si
dopo che ho vissuto in quel di Rimini la 3° Conferenza Nazionale sulla
Professione Medica ed Odontoiatrica dal titolo:" Guardiamo al futuro:
quale medico, quale paziente, quale medicina nel SSN?" dal 19 al 21 maggio
u.s. organizzata dalla FNOMCeO. Io stesso ho tenuto un intervento dal titolo:" Costruzione complessa della relazione di cura in medicina
di famiglia" nella sessione Relazione di Cura e Gestione della
Complessità, il cui testo può essere consultato nel mio blog:
www.tizianoscarponi.blogspot.it.
In
estrema sintesi estrapolo alcune considerazioni dal documento finale della
conferenza che delinea il medico come: " Un medico leader in una sanità
complessa in cui il medico è chiamato a sfide future in un sistema di
collaborazione con altre figure professionali, maturando caratteristiche
diverse in particolare per fronteggiare le innovazioni tecnologiche che
connoteranno il futuro assetto della medicina. Dovrà ricoprire il ruolo di
garante e artefice della salute, gestendo la propria leadership in un sistema
sempre più complesso e di fronte a una richiesta di salute e di risultati...... Il
medico in Italia nei prossimi anni dovrà essere:
1) proattivo
nell'affrontare l'innovazione, partendo dalle proprie radici.
2) detentore di
competenze professionali che continuamente sviluppa e mantiene aggiornate;
3) detentore di un metodo
scientifico e attento alla produzione di nuove conoscenze;
4) capace di ascoltare e
comunicare con la persona nel bisogno;
5) capace di tener conto
della dialettica tra risposta alla singola persona e quella alla comunità;
6) attento alla
dimensione etica quotidiana della professione, partendo dall'adesione alle
pratiche raccomandate e sostenute da evidenze scientifiche;
7) capace di esercitare
una leaderschip professionale rispetto a colleghi, professionisti, pazienti e
persone assistite;
8) cosciente del proprio
ruolo sociale e politico: il fatto di poter intervenire sulla salute e sulla
vita conferisce un potere di advocacy;
9) cosciente di essere un
attore economico: determina e gestisce risorse economiche ingenti;
10) attento a perseguire
il migliore continuo proprio e dell'organizzazione in cui è inserito, oltreché
a dimostralo".
Sarà solo una
declinazione di buoni intenti? La storia lo dirà.
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