APPROPRIATEZZA, PUNIZIONE,
SICUMERA.
E' di questi giorni la grande
eco mediatica sul problema dell'appropriatezza prescrittiva da parte dei medici
e sulle eventuali ricadute dalla sua inosservanza.
Premetto che non è mia
intenzione affrontare il problema da un punto di vista scientifico, sindacale,
sulla sua opportunità e pertinenza, no! Senza dubbio girano in rete e nella
carta stampata pareri e argomentazioni di colleghi molto più qualificati e
titolati di me: uno per tutti Nino Cartabellotta, presidente della fondazione
GIMBE, che nel suo articolo:" Alla ricerca dell'appropriatezza
(s)perduta" sul Sole 24 ore Sanità del 13 ottobre u.s. esprime concetti ed
opinioni che condivido in pieno e ne voglio riportare alcuni.
"....1) I
criteri di appropriatezza professionale derivano dalle evidenze scientifiche o,
in assenza di queste, da processi di consenso formale.
2) L’inappropriatezza
professionale può essere in eccesso (overuse) o in difetto (underuse): ridurre
la prima permette di recuperare risorse, implementare la seconda richiede
investimenti. Di conseguenza, qualunque strategia per ridurre
l’inappropriatezza professionale deve essere guidata dal principio del
“disinvestimento e riallocazione”, perché in tutti i percorsi assistenziali
convivono aree di overuse e di underuse.
3 Una
prescrizione non può essere dicotomicamente classificata come
appropriata/inappropriata: esiste una categoria intermedia di dubbia
appropriatezza influenzata dalle zone grigie della ricerca, dalla variabilità
di malattie e condizioni e dalle preferenze e aspettative di cittadini e
pazienti.
4 Secondo la scienza che studia come modificare
i comportamenti professionali non esistono evidenze che supportano l’efficacia
delle sanzioni economiche per ridurre l’inappropriatezza prescrittiva.
5. Il
continuo incremento dell’offerta e l’utilizzo indiscriminato delle tecnologie
diagnostiche contribuisce all’eccesso di medicalizzazione della società perché
la tecnologia, profondamente radicata nel nostro concetto di malattia e nella nostra
cultura, genera atti di fede non basati sulle evidenze.
6. È
indispensabile ricostruire un’adeguata relazione medico-paziente, fornendo
informazioni bilanciate su rischi e benefici degli interventi sanitari,
permettendo così al paziente di prendere decisioni realmente informate.
7. Le
Istituzioni devono informare adeguatamente cittadini e pazienti sull’efficacia,
sicurezza e appropriatezza degli interventi sanitari, al fine di arginare
quell’asimmetria informativa tra ricerca e assistenza, che genera aspettative
irrealistiche nei confronti di una medicina mitica e di una sanità infallibile,
aumentando il contenzioso medico-legale.
Il servizio sanitario nazionale non è un supermercato dove
chiunque ha diritto a tutto!"
Quest'ultima affermazione, poi, richiama molto la filosofia che
ha ispirato l'intervento del nostro Ministro della Salute Beatrice Lorenzin
all'ultimo congresso, cui ho partecipato, del mio sindacato FIMMG che si è
tenuto nei primi di questo mese di ottobre. Nella sostanza l'Onorevole ha detto
che tagliare l'inappropriatezza non vuol dire praticare dei tagli lineari, ma
vuol dire semplicemente recuperare delle risorse ed allo stesso tempo
professionalità da parte nostra. Aggiungo che questo suo intervento ha ottenuto
un applauso spontaneo e prolungato da parte di una platea che l'aveva accolta
all'inizio in maniera fredda se non proprio ostile, forse la definirei "mugugnante" tanto per essere
"appropriati".
Posto in questi termini il problema appare risolto, condiviso e
tale da non lasciare tanta preoccupazione, è proprio così? Forse, però, il vero
problema da affrontare comincia quando è giunto il momento di capire come e chi
debba giudicare l'eventuale atto non appropriato.
Non tutti sanno che esiste un gruppo Facebook, gruppo chiuso che
si chiama:" Medici
di Medicina Generale dell'Umbria" amministrato da me, in
cui i vari colleghi che si sono iscritti, per lo più medici di famiglia,
esternano in maniera libera: fatti, aneddoti, perplessità, curiosità. Insomma
c'è di tutto e di più come sa bene che frequenta i social network. E' della
settimana scorsa la condivisione con il gruppo, da parte di una dottoressa di
Medicina Generale del comprensorio del Trasimeno, del referto di un ecodoppler
delle arterie renali rilasciato da un reparto che segue soprattutto la medicina
vascolare della nostra azienda ospedaliera. La collega ha
"scannerizzato" il documento e l'ha "postato" oscurando il
nome del paziente. Lo specialista che ha refertato l'accertamento, dopo aver
descritto la quasi normalità delle arterie in esame ha ritenuto opportuno
aggiungere un commento che trascrivo per intero e fedelmente, rispettando anche
il carattere in grassetto usato dall'autore per dare risalto ad alcune
parole:"...Per completezza
informativa si rimanda a recente studio clinico internazionale (CORAL study, NEJM Nob 2013) che
evidenzia come una " high quality medical treatment" risulti
superiore ad ogni tentativo di rivascolarizzazione, in caso di stenosi
ateromasica dell'arteria renale, e ciò sia
per l'ipertensione che per l'insufficienza renale ( per quest'ultima il
dato era già noto dallo studio ASTRAL).
Il corollario è che la ricerca sistematica della stenosi renale non ha
comunque alcuna ricaduta decisionale, sia che venga confermata oppure esclusa,
sia per l'ipertensione secondaria e sia per l'insufficienza renale."
Ho voluto chiamare in causa quest'episodio perché mi sembra
quasi paradigmatico su come potrebbe evolvere il problema dell'appropriatezza.
Tralascio di riportare i commenti che sono partiti in quest'occasione perché,
come ho detto all'inizio, non ho nessun intento scientifico e sindacale. Quello
che mi preme, invece, è enfatizzare la delicatezza e la difficoltà nel dover
giudicare un atto medico non contestualizzato, il grande rischio di
conflittualità che potrebbe derivare con i conseguenti risvolti deontologici e
soprattutto il grave danno ( come se non bastassero quelli già in atto) che subirebbe la nostra figura di medico, a
qualunque categoria essa appartenga.
Non credo che questa " lezione" impartita in maniera
così discutibile, su un referto che è stato consegnato nelle mani del paziente
sia un buon esempio di comportamento appropriato, scientificamente forse si, ma
non certo dal punto di vista relazionale e deontologico.
Speriamo che i " professori" che istituzionalmente
saranno demandati a giudicare, oltre alla competenza scientifica abbiano anche
un minimo corredo di buon senso.
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