Evidence Based Medicine, Real Life Medicine, Real
World Evidence: da dove partire e dove arrivare?
Sono perfettamente
consapevole che mi sto addentrando in un argomento per me poco consueto e per
certi aspetti anche abbastanza ostico. Non nascondo che sono sempre stato poco
affascinato dai numeri e dalle cosiddette scienze della natura mentre invece,
forse per predisposizione familiare, sono sempre stato più ben disposto per le
cosiddette scienze umane. Anche la scelta di fare il medico di famiglia, in un periodo
in cui era ancora abbastanza possibile poter scegliere quale professione medica
fare, riflette questa mia inclinazione più rivolta alla relazione, a
contestualizzare in un'ottica di vita reale i problemi di salute di un essere
umano cercando di mediare, quanto più possibile, tra la soggettività del
singolo e la presunta oggettività della medicina come scienza e disciplina.
Innanzitutto premetto che ho
sempre visto e giudicato positivamente, per quel poco che può contare il mio
giudizio, la Medicina Basata sull'Evidenza: come poter rinunciare ai risultati
degli studi clinici randomizzati e controllati che hanno l'obiettivo di
validare gli esiti di un intervento farmacologico o di una terapia?
La mia memoria torna indietro
nel tempo. Ai tempi delle calcitonine spry nasali, alle citicoline che
ringiovanivano il cervello e ai gangliosidi che ricostruivano la guaina melinica
delle fibre nervose rovinata da Herpes Zoster e compressioni meccaniche. Ai
tempi in cui in Italia bastava che qualche clinico blasonato presentasse una
ricerca su una ventina di pazienti senza nessun gruppo di controllo e il
farmaco veniva registrato e rimborsato dal SSN. Con l'avvento dell'EBM questo
scempio è finito e adesso se un nuovo farmaco viene commercializzato ha superato
senza dubbio il vaglio delle prove di efficacia. Non tutti i problemi però sono
stati risolti. Sappiamo tutti che i pazienti arruolati nei clinical trials sono dei
pazienti che possiedono alcune caratteristiche precise: giovani adulti, maschi,
in mono terapia e in mono patologia. Sono pazienti che nel 2018 e alle nostre
latitudini quasi non esistono più, per cui ogni volta che vedo la terapia di un
mio paziente medio, ultraottantenne, con quattro o cinque malattie e che prende
sei o sette farmaci, faccio mille scongiuri perché non sono assolutamente in grado
di sapere quali potranno essere le conseguenze reali di tali misture nel lungo
periodo. Per fortuna nostra, fatemi dire cinicamente, che essendo tutti di età
avanzata, l'osservazione nel lungo periodo rimane molto spesso un concetto teorico.
S’inizia, pertanto, a parlare sempre più
degli studi di Real Life che in
pratica sono dei registri in cui sono riportati i dati delle cartelle cliniche
di migliaia di pazienti reali contenuti in grandi data base. I dati provenienti dai registri permettono
di
avere informazioni rilevanti su grandi numeri e per tempi anche prolungati, a
volte per oltre dieci anni (studi longitudinali). Ogni paziente è registrato
con tutti i suoi dati clinici, le sue comorbidità e la sua eventuale
politerapia ed è possibile pertanto fare una fotografia sulla reale efficacia
del farmaco in termini di miglioramento clinico, di monitoraggio di eventuali
effetti collaterali che non si erano presentati durante la sperimentazione. Per
questo motivo gli studi osservazionali condotti in contesti real life rappresentano
un importante complemento agli studi controllati randomizzati.
Sono
indispensabili soprattutto per le patologie croniche che richiedono terapie croniche, per valutare quanto ci si
guadagni in termini di sopravvivenza e quanto queste terapie siano tollerate.
Volendo semplificare con l'EBM si valuta l'efficacy,
l'efficacia in condizioni ideali, mentre con l'RWE si valuta l 'effectiveness, l'efficacia in condizioni reali.
Per dovere di precisione, sul documento (Aprile 2017) Real World Evidence: considerazioni e
proposte da un network di società scientifiche, (https://sifwebsite.s3.amazonaws.com/uploads/position_paper/attachment/135/sif_position_paper_rwe_apr17.pdf)
leggo che " le fonti dal mondo reale sono molteplici: trial clinici pragmatici, ovvero studi clinici randomizzati che, con
l’obiettivo di mimare le condizioni di vita reale, utilizzano criteri di
inclusione/esclusione dei pazienti meno rigidi rispetto ai
convenzionali RCT
preregistrativi, e considerano esiti il cui impatto clinico sia più vicino
possibile a quello osservato nella pratica clinica.
Dati
osservazionali da studi di coorte prospettici che, rispetto agli RCT, non prevedono la randomizzazione
dei pazienti ma, per il resto ne conservano principi, metodi ed obiettivi.
Tali
fonti hanno due caratteristiche: presuppongono la raccolta prospettica dei dati
(ovvero quando lo studio è pianificato non si sono ancora verificati né
l’esposizione alle cure né gli esiti di interesse) e sono fonti primarie (ovvero i dati
sono raccolti per rispondere ad uno specifico quesito clinico)......Diverso è
il discorso per le altre fonti di RWD quali: flussi correnti propri del SSN (i cosiddetti
database amministrativi) che includono i flussi con i quali regioni e provincie
autonome amministrano il sistema di rimborsi ai servizi accreditati dal SSN che
erogano le cure, ad esempio il database su: la farmaceutica territoriale, le
prestazioni di assistenza farmaceutica in distribuzione diretta, le
schede di dimissione ospedaliera, gli accessi in pronto soccorso, le prestazioni
ambulatoriali, altri tra i quali l’assistenza al parto (scheda CEDAP), le
vaccinazioni e ogni altra forma di assistenza garantita dai Livelli Essenziali
di Assistenza (LEA), i flussi relativi ai dispositivi medici nell’ambito della
Classificazione Nazionale dei Dispositivi Medici
Altre fonti istituzionali come i registri
AIFA dei farmaci sottoposti a monitoraggio, surveys
ISTAT (indagini
multiscopo, indagini sullo stato di salute, censimento di popolazione), registri
e surveys gestiti dall’Istituto
Superiore di Sanità (registri patologie, indagini sullo stato di salute), database curati/gestiti da INAIL,
INPS;
Fonti non istituzionali tra le quali registri di patologia con base di
popolazione, ambulatoriale o ospedaliera, surveys campionarie, networks
di medici di medicina generale e di pediatri di libera scelta, ecc.
Rimando alla
lettura completa di questo interessante documento per approfondire i problema
dei dati della vita reale: vantaggi, criticità, limiti e validità, ma è chiaro
che oramai si stanno creando dei Big Data che sono e saranno sempre più una
fonte infinita di informazioni da cui trarre poi comportamenti e scelte.
Un dato che
emerge in maniera costante, prepotente e quasi monotona dalla disamina di
tali fonti è quello della scarsa aderenza
alla terapia farmacologica da parte dei pazienti. Il dato è globale e
costituisce quasi un'emergenza. Già nel 2003 l'Organizzazione Mondiale della
Sanità aveva pubblicato un report in cui si sottolineava come nei paesi
occidentali l'aderenza alle terapie croniche non superasse il 50% e a distanza
di diversi anni la situazione non sembra migliorare. I dati italiani Osmed (
osservatorio sull'impiego dei medicinali) relativi al 2011 indicano come
l'aderenza alla terapia dell'ipertensione arteriosa non superi il 58% in
pazienti sani, per non parlare poi della
terapia anti dislipidemica che non arriva al 32% in soggetti con rischio
moderato, mentre si attesta al 48% con rischio alto.
Difronte a
questi numeri, l'indicazione più logica da trarre sarebbe quella investire energie e risorse per far in modo che i
pazienti aderiscano alle indicazioni terapeutiche dei propri medici. Che ti
fanno invece oltre oceano? Nel mese di novembre u.s. al congresso dell'American
Haert Association vengono presentate e pubblicate in contemporanea su Hypertension e Journal of the American College of Cardiology,
le nuove linee guida sull’ipertensione americane (AHA, ACC) che abbassano
il livello di normalità, non più 140/90, ma a 120/80 mmHg.
Le stime che vengono fatte, sono un aumento della popolazione
ipertesa rispetto a quella totale dal 32% al 46%, gli ipertesi sotto i 45 anni
triplicheranno e sempre in questa fascia di età raddoppieranno le donne
considerate affette da ipertensione.
Non sono assolutamente in
grado di poter entrare nel merito degli studi ONTARGET e SPRINT che hanno
condizionato tale cambiamento, ma volevo fare alcune considerazioni.
I fautori di tali nuove linee guida rispondono all'accusa di
favoreggiamento delle case farmaceutiche con il fatto che viene proposto
solamente il consiglio di cambiare stile di vita al rilievo di questi nuovi
valori. Grazie! Non credo che ci sia medico al mondo che non proponga questo in
prima istanza, ma poi? Per quelli che già sono in terapia? Ci dovremo comunque
adeguare con l'impiego di ulteriori farmaci. Tutti sappiamo quanto sia
piuttosto facile abbassare la pressione da 180 a 150, ma quanto poi non sia molto
semplice scendere ulteriormente sotto i 140, pensiamo poi arrivare a 120! Come
pensiamo che sarà l'aderenza?
Lasciatemi proseguire con qualche mia "divagazione" ( come le chiamano
spesso, per prendermi in giro alcuni miei amici colleghi) epistemologica. La
EBM è un tipico esempio di metodo scientifico induttivo, dal latino inductio, dal verbo induco, termine che significa
letteralmente "portar dentro", ma anche "chiamare a sé",
"trarre a sé", è un procedimento che partendo da singoli casi
particolari cerca di stabilire una legge universale. Detto in altre parole poggia su un paradigma teorico che la realtà debba essere scoperta per mezzo di esperimenti e
ricerche sempre più precisi e misurabili.
Come si collocano, invece, i dati della RWE? Non è semplice dirlo!
Partiamo da una mole di dati, da un elenco di numeri e situazioni allineati per
categorie rigide: età, sesso, malattie codificate secondo una classificazione
internazionale, farmaci e tutta un'altra serie di registrazioni cui bisogna
dare un senso, un significato che permetta poi un'inferenza. Che cosa sono però
in estrema analisi questi numeri? Che cosa rappresentano se non uomini con
tutti gli attributi propri dell'umanità? Potremmo, pertanto, considerare
qualsiasi numero di queste liste come
una sintesi di un'intera vita, o di un periodo della vita di un essere umano
con tutte le sue paure, ansie, errori, speranze, incertezze...ma vere,
concrete, spaccati di vita reale. E allora? Quale il senso, quale indicazione è
possibile ricavare? Meglio. Quale approccio dovremmo usare per interpretare
questi numeri che sono espressione di esseri viventi? Forse, come suggerisce
Gregory Bateson, si dovrebbe procedere per "abduzione" che è una forma di ragionamento per cui" una
somiglianza tra due termini propone ulteriori somiglianze", la capacità di
mettere in parallelo diverse forme o pattern e di individuare nuove
similitudini. Volendo essere sintetici potremmo dire che l'abduzione parte da
alcuni fatti di vita reale, prendiamo il dato di aderenza nel nostro caso, e
cerca attraverso analogie e metafore di trovare delle regole, delle relazioni
che riescano a spiegarli, in pratica a formulare una teoria a ritroso e forse questa è l'unico
approccio possibile per poter spiegare fenomeni complessi quali il
comportamento umano. Concedetemi a questo punto di chiudere con una
provocazione. E' giusto in un 'ottica abduttiva che origina dalla vita reale
l'avere abbassato i livelli di normalità dei valori pressori?
Bravo... complimenti! Anch'io non sono d'accordo con questo eccessivo abbassamento dei valori ottimali, soprattutto nei pazienti anziani.
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