SIAMO ARRIVATI
ALL'ERA DELLO SMARTDOCTOR!
Tutte le mattine mi
sveglio al suono del mio smartphone
che giace in ricarica sul comodino.
Tocco con un dito il vetro del suo display
e questo si tacita. Vado, sbadigliando, in cucina per preparare il mio tè e
mentre aspetto che sia pronta la bevanda e sto prendendo contatto con la realtà
sento venire dalla camera il caratteristico "suonino" di qualche
notifica che sta arrivando al mio cellulare. Bevo il mio tè, torno in camera e
con gesto quasi automatico prendo lo smartphone
e vado al bagno dove il rito mattutino prosegue con la fisiologica seduta
mentre scorro le videate. Per prima cosa scarico la posta elettronica
cancellando tutto lo spam e quello
che non mi interessa, mi soffermo su quei tre o quattro messaggi utili e già
qui trovo qualche richiesta di prescrizioni o referti di accertamenti "
scannerizzati" ed inviati. Una giratina veloce su FaceBook per vedere se c'è qualche post intelligente o notizia o gossip
degno di nota e poi vado ad aprire le notifiche che seguitano ad arrivare. Qui
domina il regno di WhatsApp con
messaggi di testo che richiedono ricette, oppure dettagliate descrizioni di
sintomi con la speranza di una diagnosi " al volo", ma non mancano
foto di dimissioni da reparto ospedaliero e foto di papule e neoformazioni
cutanee che pretendono di essere
interpretate on-line.
Se si tratta di un lunedì o di un giorno post festivo le
notifiche seguitano ad arrivare in discreta quantità anche durante il tragitto
verso l'ambulatorio. Qui dopo aver acceso il computer con la cartella, o meglio, con il data base gestionale dei dati clinici dei pazienti, ascolto tutti i
messaggi vocali della segreteria telefonica e contemporaneamente stampo o invio
via email tutte le richieste che sono
state dettate in orario di chiusura dello studio.
Voglio precisare, inoltre, che durante tutto questo
bombardamento ho risposto anche a qualche
telefonata dispensando consigli, valutare se dover fare una vista domiciliare o magari dover rispondere
anche a qualche collega che chiedeva supporto sindacale.
Che significa essere smart?
E' un aggettivo preso in prestito come al solito dal vocabolario inglese che
tradotto alla lettera vuol dire: intelligente, veloce, brillante, abile. Pertanto
quando diciamo che una persona è smart
la intendiamo come una persona intelligente, veloce nell'apprendere e abile nel
rispondere alle novità e agli stimoli del mondo esterno come capita di dover
fare sempre più nella vita contemporanea. Smart
pertanto è sinonimo di adattamento, di competitività nell'adeguarsi alle nuove
realtà evolute che la tecnologia ci sta offrendo.
Essere smart, nel
caso nostro, significa lavorare in una modalità di connessione continua e, volendo
essere più precisi, significa anche essere multitasking.
Anche quest'ultima parola è mutuata dal vocabolario inglese che indica nel
linguaggio informatico un programma operativo capace di usare più applicazioni
contemporaneamente: in modo traslato si riferisce alla modalità di lavorare
facendo più cose quasi contemporaneamente.
Allora! Senza addentrarci in questioni profonde di
neuroscienze, di psicologia e di sviluppo lavorativo, cosa di cui non ho certo
la competenza, cerchiamo di capire meglio questa realtà, come si stia sempre
più affermando e quali siano le conseguenze e quali potrebbero essere gli
scenari futuri.
Ho fatto, su questo argomento, il copia incolla di alcune
affermazioni che ho trovato nel web,
ve le propongo. La prima è di Earl Miller,
neuroscienziato del Massachusetts
Institute of Technology di Boston:
“Il nostro cervello “non è cablato bene” per il
multitasking. Quando la gente pensa di fare multitasking, in realtà sta solo
illudendo se stessa, passando da un compito a un altro molto rapidamente. Ogni
volta che lo fa, c’è un costo cognitivo, ma si è visto che il cervello è molto
bravo in questo business dell’illusione.”
Nicholas Carr nel suo libro
" Internet ci rende stupidi?" afferma:
"Non è l'informazione in sé a “istupidirci”, ma
l'intensità con cui siamo gettati nel flusso.
Nemmeno dieci anni fa era l'epoca dei
computer e delle email. Oggi giriamo con lo smartphone e viviamo sui
social-network. Il nostro cervello è malleabile. Se viene bombardato da
distrazioni e interruzioni continue, si adatta di conseguenza. Non siamo in
grado di finire una cena senza controllare il cellulare, siamo sempre più in
balia del flusso di informazioni, più distratti che mai. Gli effetti?
L'attenzione diventa frammentaria, siamo meno capaci di riflettere e di pensare
in profondità. Anche la memoria ne risente".
Già queste due considerazioni
fanno molto riflettere sui concetti di smart
e multitasking e le conseguenze che
ne derivano che alla fine consistono in un disturbo della concentrazione, in
una diminuzione della memoria con una maggior facilità di errore. Sembra poi che
il multitasking aumenti la produzione
di cortisolo e di adrenalina, ormoni che stimolano continuamente il cervello
con il suo possibile indebolimento. Il multitasking "crea inoltre un circolo vizioso di dipendenza dalla dopamina, premiando
il cervello a perdere la concentrazione e a cercare stimoli esterni" (Daniel J. Levitin, direttore del Laboratory for Music,
Cognition and Expertise alla McGill University). Ecco pertanto spiegata la
modalità quasi compulsiva nello stare a digitare con lo smartphone girovagando nei social e nei gruppi WhatsApp! Nel non saper resistere alla tentazione di aprire il
messaggino che hai sentito notificare al tuo telefono! E allo stesso tempo ti
spieghi come spesso tutto questo alla lunga crei nervosismo, affaticamento e
nel caso nostro predisponga al bornout e
all'errore. Per evitare tutto ciò, la cosa più logica da fare sarebbe quella di
tenere lo smartphone spento oppure
cancellare tutte le App che
permettano l'invio di messaggi, ma non è così semplice! Quante volte sono io
stesso che chiedo al paziente di fotografare ed inviarmi il referto di un esame
che non riesce a leggere? Oppure: lo scorso mese sono riuscito ad evitare una
multa dalla Polizia Stradale che mi aveva fermato per un controllo, facendomi
inviare da mia moglie, tramite WhatsApp,
la foto della patente di guida che avevo dimenticato a casa. Allora? Senza
dubbio non me la sento di giungere ad una conclusione perché non ho la sfera di
cristallo per poter vedere nel futuro,
ma certo che, nonostante gli psicologi e i neuroscienziati siano abbastanza
d'accordo nello stigmatizzare i rischi e i pericoli della pratica smart e multitasking è altrettanto vero che lo sviluppo tecnologico ha
influito e influirà sempre più nel nostro modo di vivere, e nel modo di
relazionarsi e comunicare. Nessuno può prevedere con certezza l' evoluzione e i
cambiamenti sociali che ne deriveranno, e come questi, ragionando poi in un'ottica
cibernetica, si riverbereranno sulla plasticità neuronale del nostro cervello.
Mentre scorre il tempo, infatti, le società evolvono i loro usi e costumi
insieme alla tecnologia che a loro volta, per un principio autopoietico e di
omeostasi, fanno rigenerare e
riorganizzare la materia vivente stessa e forse, mentre sto scrivendo questo
stesso editoriale, tale riorganizzazione è già avvenuta.... questo editoriale,
pertanto, forse è già superato.
Trovo molto pertinenti le osservazioni. Io per tutelare me stesso e i pazienti da miei errori dovuti alla frenesia "smart" tengo bloccati su whatsapp i contatti non salvati sul telefono, e faccio presente quello che reputo un corretto uso degli strumenti tecnologici con il medico di famiglia. Limito quindi i canali di comunicazione in modo da gestirli con la dovuta attenzione. Un saluto
RispondiEliminaCOSI' IMPARI AD USARE LO SMARTPHONE! IO HO DUE TELEFONINI DA 50 EURO L' UNO E STO BENISSIMO!
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