martedì 18 giugno 2013

DI DOMAN NON C'E' CERTEZZA Editoriale del Bollettino dell'Ordine dei Medici della provincia di Perugia N.5/6/2011



E.U. si presenta nel mio studio per farsi trascrivere su ricettario regionale “le analisi “ indicate dal ginecologo, ha 24 anni ed è al secondo mese della prima gravidanza. La lista degli accertamenti è veramente lunga e comprende anche translucenza nucale, bi-test ed altri esami che dovrebbero esplorare le condizioni del nascituro. Alla mia osservazione, sul fatto che alla sua giovane età forse tali richieste potevano essere superflue, mi risponde in maniera perentoria che è d’accordo con il ginecologo per evitare qualsiasi sorpresa.
G.P. maschio di 29 anni, viene in ambulatorio in quanto fra lì a poco partirà per il viaggio di nozze in un’ isoletta greca dell’Egeo e desidera portare con sé qualche farmaco perché: “Non si sa mai!”. Anche in questo caso la lista è lunga: due tipi di antibiotico, cortisone, antinfiammatori, antiemetici e molti altri ancora. Ad un certo punto mi chiede se non sia il caso di fare anche il richiamo della vaccinazione antitetanica…. al che reagisco in maniera forse un po’ troppo ironica: ” Ma vai in viaggio di nozze o parti per una missione di guerra? “. Questi non sono che alcuni episodi di quello che quotidianamente sta accadendo nei nostri ambulatori, forse fra i tanti questi sono anche abbastanza innocenti, ma senza dubbio sono paradigmatici nell’esprimere lo stato d’animo e quello che frulla per la testa al cittadino italiano.
E’ un fiume inarrestabile di richieste: chi vuol fare la colonscopia e la densitometria ossea ogni anno, chi il PSA ogni tre mesi, chi l’ eco-doppler carotideo ogni sei mesi…. Ovviamente tutte indagini fatte in una situazione clinica di “ normale normalità” o di patologia minima che assolutamente non richiede un monitoraggio così incalzante. Se potessi cronometrare il tempo perso per smontare tali pretese rimarrei probabilmente stupito, per non parlare poi delle energie sperperate per la concertazione, per mantenere i toni del dialogo a un livello empatico e persuasivo, quando magari dentro di te avresti spesso l’impulso di reagire in maniera molto più diretta ed imperativa. Come mai tante aspettative? Come mai tanta esigenza di sicurezza e certezza? Come mai tutti si aspettano risposte e rimedi sicuri?
Come diceva Bertrand Russell “ gli uomini quello che veramente vogliono non è la conoscenza, ma la certezza” e questo è senza dubbio vero da sempre, ma come mai proprio ora questo problema sta superando qualsiasi livello di guardia? Propria ora in cui la crisi economica impone un ripensamento globale sugli investimenti, sulle scelte, sulle priorità ed i livelli di assistenza? Non ho ovviamente una risposta precisa e documentata a riguardo, ma una serie di considerazioni e valutazioni con le quali uno potrà essere più o meno d’accordo.
Molto è cambiato da quando nel lontano ‘78 ho iniziato a lavorare: i pazienti venivano a lamentare i propri disturbi e i propri problemi, davi risposte, suggerivi rimedi e i risultati poi venivano accettati comunque, con piacere se positivi e con rassegnazione se negativi. Oggi invece non sono ammessi fallimenti: la morte è stata completamente esorcizzata, qualsiasi insuccesso ed imprevisto sono considerati inaccettabili, passibili di denuncia e rivalsa legale, come se si fosse sviluppato il concetto di una medicina mitica basata sulla onnipotenza e sulla pillola per tutti e per tutto. Chi ha alimentato e potenziato questo mito se non noi medici e tutti coloro che con lo sviluppo di tale mitologia hanno tratto profitto, ricchezza e fama?
E’ in buona fede l’illustre professor Umberto Veronesi quando preconizza lo screening per il cancro della mammella nelle donne sotto i 40 anni e con l’ausilio della risonanza magnetica?Era in buona fede la commissione di esperti negli Stati Uniti quando nel 2004 ha abbassato i livelli di ipercolesterolemia triplicando il numero di persone sottoposte a terapia farmacologica? E’ risaputo in fatti che ben otto su nove membri di questa commissione lavoravano con case farmaceutiche che producevano statine. Senza rispolverare posizioni estreme come quelle di Ivan Illich in Nemesi Medica, è sotto gli occhi di qualsiasi operatore sanitario “intellettualmente onesto” la continua e sottile opera di medicalizzazione della nostra vita e, come il fenomeno del disease mongering letteralmente “commercializzazione delle malattie”abbia raggiunto livelli incredibili.
L’economista svizzero Gianfranco Domenighetti ha indicato come il disease mongering si sviluppi attraverso tre linee di azione che agiscono a livello quantitativo, temporale e qualitativo. Sul piano quantitativo l’azione è rivolta soprattutto sui parametri che indicano il confine tra normale e patologico per diverse situazioni come ipertensione arteriosa, diabete mellito e ipercolesterolemia. Molte linee guida che vengono importate da oltre oceano abbassano sempre più il valore soglia della normalità, facendo passare anche il concetto che: più è basso e meglio è, fino a quando non sono smentite come ha fatto lo studio ACCORD che ha evidenziato come una terapia ipoglicemizzante troppo intensiva sia controproducente in pazienti ad alto rischio cardiovascolare. La seconda azione indicata da Domenighetti interviene sul livello temporale promuovendo e diffondendo l’uso di screening la cui efficacia è incerta o non ancora dimostrata: antigene prostata specifico per il carcinoma prostatico, Ca 19.9 per il cancro del pancreas, Tac torace per il cancro del polmone, RM della mammmella, HCV per l’epatite ed altri ancora. A questo proposito lo stesso Domenighetti dice:”.. gli ideologi degli screening hanno fatto passare nella società civile l’irresistibile logica secondo la quale è sempre meglio diagnosticare qualsiasi patologia il più presto possibile ” e se questo è stato dimostrato per alcuni screening è ancora tutto da dimostrare per tanti altri, anzi, va sempre più diffondendosi l’opinione che, sospendendo anche il problema dei falsi positivi e dei falsi negativi, un’anticipazione diagnostica e quindi terapeutica, per molte neoplasie non coincide sempre con una diminuzione della mortalità o con un aumento della sopravvivenza. L’azione sul piano qualitativo consiste nel trasformare in quadri patologici situazioni che fanno parte della normalità della condizione umana: la gente viene convinta che quei problemi che fino a qualche decennio fa erano dei semplici inconvenienti facenti parte della vita, ora devono essere vissuti come oscure minacce alla propria esistenza e come tali da prevenire e curare come vera e proprie malattie: calvizie, cellulite, menopausa, timidezza ribattezzata come disturbo d’ansia sociale ed altre ancora. Il problema è oramai talmente radicato che già nel 2002 la rivista BMJ aveva pubblicato una “Classificazione Internazionale delle non-malattie” che conteneva più di 200 condizioni ritenute “ad arte” come patologiche. Le conseguenze del disease mongering oltre gli aspetti folcloristici e di costume sono veramente disastrose perché inducono sempre scelte terapeutiche inopportune, sprechi che inficiano la sostenibilità dei nostri servizi sanitari, malattie iatrogene e, psicologicamente parlando, modificano nella gente la percezione della salute e della malattia inducendo quei comportamenti che tutti i giorni ci ritroviamo a combattere nei nostri ambulatori.
Mi viene bene allo scopo, riportare una serie di affermazioni di Richard Smith, già editor del British Medical Journal. Affermazioni fatte nel lontano 1999 con lo scopo di intervenire sulle aspettative dei cittadini nei confronti di una “medicina mitica” e che copio di sana pianta dal blog di Nino Cartabellotta fondatore del GIMBE, Gruppo Italiano per la Medicina Basata sull’Evidenza, blog che consiglio a tutti di visitare. A tal proposito Richard Smith ricorda che:

1) la morte è inevitabile
 2) la maggior parte delle malattie gravi non può essere guarita
3) gli antibiotici non servono per curare l’influenza
4) le protesi artificiali ogni tanto si rompono
5) gli ospedali sono luoghi pericolosi [in particolare quelli piccoli (n.d.a.)]
6) tutti i farmaci hanno anche effetti collaterali
7) la maggioranza degli interventi sanitari produce solo benefici marginali e molti non funzionano affatto
8) gli screening producono anche risultati falsi negativi e falsi positivi
9) oltre che acquistare indiscriminatamente tecnologie sanitarie, esistono altri modi per investire le risorse economiche.










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