Un collega, amico di vecchia data, che fa il
medico di medicina generale presso un Asl di una regione confinante con la
nostra, mi ha raccontato quello che gli è capitato il mese di gennaio per avere
la mia opinione.
Mi ha riferito di avere tra i suoi assistiti una
paziente di 76 anni che vive da sola in
una frazione alla periferia della città dove lui lavora e che da alcuni mesi
aveva iniziato a presentare un
comportamento tale da destare
preoccupazione per i vicini di casa e per la maggior parte degli abitanti del paese. Di fatto se ne stava sempre
chiusa nella propria abitazione e l'unico contatto con il mondo esterno
avveniva di primo mattino per una colazione al bar sotto casa e una volta al
mese dalla parrucchiera. Tale donna presentava inoltre un forte dimagramento ed
un aspetto trasandato , per usare un eufemismo, era infatti francamente sudicia
ed emanante un pessimo odore, lo stesso pessimo odore che si sentiva avvicinandosi
alla sua casa. Inoltre rispondeva sempre in malo modo a chiunque provasse a fare domande o a chi proponesse
una qualsiasi forma di aiuto.
La situazione era tale che gli abitanti della
frazione dopo aver raccolto diverse firme avevano inoltrato un esposto alla magistratura e reclamavano
un intervento per superare tale criticità da parte dell servizio sociale del centro di salute.
L'assistente sociale aveva provato e riprovato a farsi ricevere dalla paziente,
ma questa aveva sempre negato l'accesso ed allora si è rivolta al nostro amico
perché potesse risolvere il problema. Il
nostro dottore, dopo contatti telefonici senza esito, dopo essere andato a
bussare inutilmente a sua volta alla porta di casa dell'assistita e vedendola
alla finestra emaciata e visibilmente “disturbata” da un punto di vista
psicologico è addivenuto alla decisione di attivare un ASO, vale a dire un
accertamento sanitario obbligatorio, cosa diversa dal ben più famoso TSO:
trattamento sanitario obbligatorio. Il
Nostro, dunque, come prevede la legge ha redatto la richiesta di ASO secondo un
testo prestabilito, lo ha inviato per fax al Sindaco perché emettesse
l'ordinanza che è stata emessa, però,dopo la validazione della proposta di ASO da parte del responsabile del Centro
di Salute Mentale territoriale di competenza, validazione voluta personalmente da parte del Sindaco
stesso. E' necessario puntualizzare che questa convalida della proposta non è
prevista dalla legge. A questo punto tutto sembrava risolto, la giornata
volgeva al termine quando alle ore 22 circa è arrivata una telefonata al
cellulare del Nostro da parte della Centrale Operativa del 118 che lo avvisava che l'ambulanza per effettuare l'ASO non sarebbe
uscita in quanto non di loro competenza e per un ipotetico vizio di forma della
proposta. Qualche minuto dopo,inoltre, arrivava la telefonata del Comando dei
Vigili Urbani del comune che, preso atto della decisione del 118 ,
richiedeva la sua presenza e del responsabile del CSM per supportare, da un punto di vista sanitario,
la pattuglia dei vigili che da diverse ore stazionava sotto l'abitazione della
nostra paziente per eseguire l'ordinanza del Sindaco.
Seppure a malincuore il Nostro insieme allo
psichiatra del CSM ha raggiunto la pattuglia dei vigili e dopo avere suonato e
risuonato, telefonato e ritelefonato, proprio nel momento in cui si stava per
richiedere l'intervento dei vigili del fuoco per sfondare la porta, la nostra
paziente si è decisa ad aprire permettendo così l'ingresso dei sanitari e della
polizia municipale. Vi risparmio la descrizione del degrado che si è presentato
agli occhi degli operatori..... per farla breve il nostro medico di famiglia e
lo psichiatra dopo un colloquio ed un
esame clinico sommario hanno preso la
decisione che l'Accertamento Sanitario Obbligatorio poteva essere considerato
di fatto effettuato. Non si ravvisavano in quel momento elementi di immediata
pericolosità per la paziente e per altri e pertanto si sono congedati con la
promessa che a breve si sarebbe sottoposta ad accertamenti sanitari più
approfonditi.
A questo punto il mio amico mi rivolge la
seguente domanda:”.....può la soggettività di un singolo operatore far decadere, per ipotetici vizi di forma, la
volontà decisionale di un altro operatore che conosce il caso clinico e dopo
che tale volontà è stata anche avvallata da un altro operatore con
funzione dirigenziale e resa esecutiva da delibera del Sindaco unica autorià
sanitaria?” Inoltre:”... in maniera ufficiosa mi si rimprovera di aver
effettuato un ASO e non un TSO, procedura conosciuta da pochi forse anche a partire dal Sindaco, ma io non
avendo potuto visitare la paziente come potevo stabilire l'esigenza di un
trattamento a priori?”.
Per provare a rispondere conviene vedere quello
che dice la legge ed è proprio del 13 gennaio 2010 la pubblicazione, sul
Bollettino Ufficiale della Regione dell'Umbria, della deliberazione n.917 del
29 giugno 2009 della giunta regionale dal titolo:” Recepimento del documento di
raccomandazioni in merito all'applicazione di accertamenti e trattamenti
sanitari obbligatori per malattia mentale ( art.33-34-35 legge 23 dicembre
1978,N.833)”. Tale delibera fa proprio il documento della Conferenza delle Regioni e delle
Provincie Autonome del 29 aprile
2009 compilato con l'obiettivo di meglio
chiarire e rendere più omogenee nel territorio nazionale le direttive contenute
nei suddetti articoli della oramai più che trentennale legge di riforma
sanitaria.
“..... Le procedure di intervento obbligatorio, ASO e TSO,
vengono attivate quando il dovere di
intervenire a beneficio del paziente, in conflitto con il
dovere di rispettare il diritto alla libertà del
cittadino, viene giudicato prevalente su quest’ultimo. Il
punto di applicazione della norma non è il
rifiuto dell’intervento ma il bisogno dell’intervento per
disturbo psichico: l’attualità e la gravità di
essi sono gi elementi valutati per primi........La procedura
di ASO in cui l’ordinanza del Sindaco rende esecutiva la richiesta del medico,
viene a configurare una circostanza in cui la privazione della libertà
personale si prevede sia di breve duratae comunque non superiore a quella
necessaria a realizzare le condizioni in cui il medico sia messo in grado di
valutare lo stato mentale del paziente, decidere la eventuale necessità e forma
della presain carico. L’ASO va effettuato in un luogo facilmente accessibile a
testimoni che garantiscano latrasparenza delle procedure attuate; può avvenire
al domicilio del paziente, in un servizio territoriale o presso il Pronto
Soccorso di un ospedale; non può avvenire in strutture riservate alla degenza
ospedaliera.
..........Procedure per l'ASO: La procedura dell’ASO per
malattia mentale mira a garantire a tutti i cittadini una corretta valutazione
dei loro bisogni di cura, anche nei casi in cui il disturbo mentale possa
essere di natura tale da menomare la consapevolezza stessa della malattia.
L’ASO è pertanto una proceduraattivabile solo allo scopo di poter garantire la
migliore decisione in merito alla necessità diattivazione di un trattamento.
C’è unanime consenso che al fine di garantire la migliore valutazionepossibile,
questa debba essere assicurata da un medico psichiatra del Dipartimento di
SaluteMentale. Soprattutto nei casi di ASO proposti dal DSM sarebbe opportuno
che a valutare il paziente fosse sempre il medico territorialmente competente o
un altro medico della stessa équipe.
Nel caso di cittadini già precedentemente in cura
psichiatrica, le informazioni dei professionisti, in
pratica pubblica o privata, che abbiano avuto in cura
precedentemente il paziente, le richieste di
intervento, avanzate dai familiari, dai vicini, dalle forze
dell’ordine, sono elementi che devono
sollecitare l’intervento del medico ma non possono mai
essere automaticamente sufficienti a
motivare la richiesta di un ASO.
La proposta di ASO può essere avanzata sia da un medico del
DSM che da altro medico.
a) Il medico del DSM potrà proporre l’ASO solo nei casi in
cui:
1. in base alle informazioni avute, appaia legittimo, in
scienza e coscienza, ipotizzare la
necessità urgente di una (prima o ennesima) valutazione
psichica al fine di valutare la
necessità di un trattamento psichiatrico ma lo psichiatra
non riesca a visitare il cittadino
perché ha potuto sperimentare personalmente che la persona
in questione (sia essa o
meno già conosciuta) si sta sottraendo attivamente al
contatto (allontanamento al
momento dell’incontro, chiusura e rifiuto di permettere il
contatto, non disponibilità a
concordare appuntamenti associata o meno a ripetute
irreperibilità)
2. nel caso in cui, pur avendo potuto visitare il paziente
in qualità di medico proponente il
TSO, non sia stato in grado di attivare una seconda visita
per la convalida prevista dalla
legge, per il rifiuto attivo del paziente.
b) Il medico non psichiatra (Medico della Medicina Generale,
della Continuità terapeutica, del
118) potrà proporre l’ASO, oltre che nelle due condizioni
precedenti, anche allorquando, pur
avendo potuto visitare il cittadino, nutrendo un dubbio
sulla attualità di tutti gli elementi
richiesti dalla legge per l’attivazione di una proposta di
TSO ritenga necessaria una valutazione
specialistica psichiatrica, visita per la quale però il
cittadino non fornisce il consenso.
La proposta motivata contiene anche indicazioni sul luogo
più opportuno – anche perché più
accettato dal paziente – per l’esecuzione dell’ASO.
Precisato questo e richiamato come
appartenente alle buone pratiche il previo accordo del
medico proponente con il Dirigente medico
psichiatra della struttura pubblica (quando egli stesso non
ricopra tale ruolo) su luogo, tempi e
modalità di esecuzione dell’ASO, in linea generale è
preferibile che l’ASO sia praticato in un
servizio territoriale, in primo luogo nel CSM, ma anche in
un Centro di salute o in un ambulatorio
di medicina generale e, nelle ore di loro chiusura, al
Pronto soccorso del presidio ospedaliero.
La proposta motivata deve essere inoltrata al Sindaco del
Comune dove si trova la persona oggetto
della stessa. Non è necessaria convalida da parte di un
secondo medico (Art. 33 comma 4).
In ogni caso l’ASO non può essere svolto negli spazi di
degenza del SPDC.
L’ordinanza sindacale di ASO è eseguita dalla Polizia
municipale che accompagna la persona al
luogo indicato perché vi si svolga l’accertamento richiesto.
Il personale sanitario del DSM svolge
funzioni di assistenza se, e quando, il DSM disponga di un
Servizio di intervento per l’urgenza
psichiatrica; altrimenti sarà coinvolto il personale del
Servizio del“118”.
Non è richiesta la notifica dell’ordinanza al giudice
tutelare.
Appartiene alla prassi consolidata ritenere che un’ordinanza
di ASO, non eseguita entro 48 ore, non
sia più valida e si richieda una nuova proposta....”
In teoria pertanto dovrebbe essere tutto chiaro, ma da come
sono andati i fatti è logico ipotizzare che questo Documento della Conferenza
delle Regioni non è sufficiente per chiarire tutti i dubbi e le peplessità,
visto che vengono fuori tali conflitti di competenza. Converrebbe allora per
esempio che gli Ordini dei Medici si facciano carico di quello che è previsto
al comma 7 della sopracitata delibera
regionale n.917 del 29 giugno 2009:”...prevedere l'attivazione di
programmi di formazione
interprofessionale per la condivisione delle competenze
necessarie......” Ed è questo che il nostro consiglio dell'ordine ha deciso per
evitare che anche nella nostra realtà si verifichino episodi analoghi.
Per la cronaca...... ho telefonato al Nostro che mia ha
riferito sugli sviluppi del caso. A tutt'oggi , aprile inoltrato, non è
cambiato niente. La paziente è stata invitata dalla assistente sociale e dal
medico a ricoverarsi, ma niente da fare. Sono stati prescritti accertamenti
ematochimici ed esami strumentali che non sono stati effettuati.
Così va l'Italia.
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