Questa tipico detto del mondo marinaro sembra diventato molto
attuale, non solo per gli ultimi eventi legati alle navi della flotta Costa, ma
anche per una sintetica e forse cinica valutazione della attuale panorama
sanitario, e non solo, del nostro paese. Va da sé che quando c’è la percezione
che la barca stia per affondare e ognuno cerca in qualche modo di attaccarsi a
qualcosa che galleggi, salta qualsiasi criterio di priorità, di razionalità e
nemmeno l’altrettanto vecchio detto :”Prima le donne e poi i bambini” vale più.
Come inspiegabilmente ogni
tanto avviene, un fatto di cronaca di normale quotidianità diventa
all’improvviso il protagonista di tutto: televisione, radio, web, testate
giornalistiche di ogni ordine e grado. “ All’Umberto I di Roma è stato trovato
un paziente del pronto soccorso legato ad una barella da qualche giorno!!” Dio
ci salvi! Siamo arrivati al degrado più totale e come sempre capita invece di
provare a spiegare in maniera scientifica e razionale il fenomeno, si scatena
la caccia alle streghe, la ricerca del capro espiatorio e vengono proposte le
ricette dai vari Soloni di turno che il più delle volte non conoscono per
niente l’argomento che stanno trattando, vale a dire la medicina generale.
Questa volta, infatti, la
pietra dello scandalo, la cagione di tanto malessere e disastro è stata individuata nella inefficienza della
medicina di famiglia che non è in grado di intercettare i pazienti che accedono
in maniera inappropriata al pronto soccorso degli ospedali.
Tutti i mali della nostra sanità che
nonostante l’allocazione di risorse basata su criteri elettorali, investimenti
sul territorio quasi assenti, clientelismo, caste politiche e professionali e
mille altre ancora è comunque annoverata fra le migliori al mondo, sono un
nulla rispetto alle colpe dei medici di famiglia che nonostante siano le figure
sanitarie più amate dai cittadini, in questo momento sono i colpevoli e devono
pertanto porre rimedio al problema tenendo aperti i propri ambulatori 12, ma
che dico, 24 ore al giorno, sette giorni su sette.
“E’ curioso,come
scrive il medico di famigliaTombesi nel portale Partecipasalute, che l’efficienza della Medicina Generale si valuti in base a quanti
pazienti arrivino al P.S., senza chiedersi di che percentuale si tratti
rispetto al numero complessivo di pazienti visti e trattati dai medici di
famiglia.
Due semplici calcoli per valutare meglio
l’entità del problema. Secondo il ministro Balduzzi, i reparti di Pronto
soccorso italiani effettuano 23 milioni di visite all’anno, e secondo i
colleghi ospedalieri, il 20% sono codici bianchi e il 60% sono codici verdi,
cioè accessi ritenuti “impropri”, che non ci dovrebbero essere. Bene, i 47.000
medici di medicina generale italiani hanno in media circa 8 accessi per assistito
all’anno (una trentina di pazienti al giorno). A conti fatti, con una media di
1.000 assistibili per medico, si tratta di 376 milioni di accessi all’anno,
senza contare i 7.500 pediatri (che misteriosamente rimangono esclusi dalle
polemiche). Se i medici di medicina generale intercettassero tutti i codici
bianchi e almeno metà di quelli verdi (giusto per lasciare al Pronto soccorso
almeno la traumatologia) la metà dei pazienti visti nel Pronto soccorso
andrebbe dal proprio medico e in un batter d’occhio il sovraffollamento da
accessi impropri sarebbe risolto. Circa 12 milioni di visite in più
rimarrebbero in carico alla Medicina Generale, e a conti fatti si tratterebbe
di un aggravio di lavoro francamente irrisorio rispetto a quello abituale. 12
milioni di visite divise per 47.000 medici di medicina generale fanno infatti
255 visite in media all’anno: anche escludendo i giorni prefestivi e festivi si
tratta di un solo paziente in più al giorno da visitare per ogni medico. Si
accomodino, verrebbe da dire, non ce ne accorgeremmo neppure, al massimo ci
vorrà un’altra sedia in sala d’attesa”.
C’è nessuno che ha fatto questo conti? Certamente
non il mitico, per non usare altri attributi, professor Umberto Veronesi,
classe 1925, che nell’intervista rilasciata il 10 marzo al Corriere della Sera propone la sua ricetta:” low cost e a chilometri zero,
chiusura del 40% degli ospedali oramai obsoleti ed imparare dalla sua clinica
come si struttura un nosocomio e dalla sua fondazione come si formano i nuovi
medici”. Se chiedo però, quanto è costato ai miei pazienti che a suo tempo sono
andati nel suo studio, probabilmente ci rendiamo conto che la sua idea di low
cost è molto personale. Nemmeno la CGIL ha fatto questi conti! Nel documento “
Il medico delle cure primarie” infatti, a firma del nostro Nicola Preiti,
nostro perché iscritto all’Ordine dei Medici di Perugia, rilasciato il 29
febbraio u.s. la premessa sull’inversione della logica assistenziale è
sacrosanta: “Il sistema sanitario appare vittima dell’acritica rincorsa delle
prestazioni…”. Quello che però lascia perplessi sono i passaggi successivi in
cui si capisce il perché la CGIL rappresenti solo lo 0,5-1% dei medici di
famiglia: il medico di luogo o di servizio è allo stato attuale”
epistemologicamente “ incompatibile con
la medicina generale come la intende chi quotidianamente la vive e poi, non
credo che la creazione di questi servizi complessi territoriali abbatta la
logica della rincorsa alle prestazioni, anzi.
Anche per il ministro della salute Balduzzi la panacea di tutto consiste nell’apertura
dei nostri studi 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno. Ha cominciato a
confrontarsi con le sigle sindacali della medicina generale che si sono già
spaccate sulle linee di principio e sono veramente curioso sul come andrà a finire quando si comincerà a
parlare di soldi, sembra infatti che la parola isorisorse aleggi nell’aria.
Dovrei a questo punto parlare della “Ri-Fondazione
della Medicina Generale”, vale a dire il documento della FIMMG, mio sindacato, che dall’oramai lontano 9
giugno 2007 ha fatto delle proposte per superare lo stato di crisi in cui la
Medicina Generale senza dubbio versa, come quella Ospedaliera del resto. E’ un
documento poderoso, che parte con delle pregiudiziali e delle valutazioni di contesto
molto precise, presenta delle articolazioni senza dubbio motivo di discussione
e di miglioramento e rimando alla
sua lettura chi vuole veramente approfondire e poi discutere, ma
quello che mi preme sottolineare in questa contingenza sono alcune valutazioni
di carattere generale che un medico di
famiglia come me, che da sempre si è preoccupato della formazione della propria
categoria, non può fare a meno di esternare.
Quando si lancia il “si salvi chi può” la prima
regola è quella di mantenere la calma e cercare di valutare la reale portata
del problema, valutare in maniera razionale e se possibile scientifica i rimedi
e le soluzioni.
Orbene, quello dell’uso improprio al pronto soccorso è senza dubbio
un problema, non certo il problema e le sue cause
sono tantissime: concetto di medicina mitica, ipervalutazione della tecnologia
medica creata ad arte da qualcuno, arte dell’arrangiarsi in periodo di liste di
attesa e di ticket, facilità di accesso
e mille altre che sarebbe interessante andare ad approfondire, ma come mi verrà risposto se affermo che senza un
cambiamento socio-culturale della popolazione l’accesso improprio si sposterà
dai pronto soccorso ai nostri studi? Non sarà però quell’uso improprio cui
siamo abituati da anni. Io ripeto sempre, infatti, che durante una mia seduta
ambulatoriale faccio: il medico, lo psicologo, l’assistente sociale, il
badante, il giudice di pace ed altri ruoli. Sarà invece un uso improprio nuovo
che ci trova completamenti impreparati: la gestione delle acuzie con tutte le
nefaste conseguenze immaginabili. Come si fa presto adesso a dire via i codici
bianchi e verdi dal pronto soccorso ma ciò non accade. Così si farà presto a
dire via i codici rossi dai nostri studi, ma molto spesso non accadrà
soprattutto nell’urgenza vera in cui il cittadino ovviamente si aggrappa a
quello che trova per primo.
Sento parlare di rivoluzione copernicana…… Orbene,
non voglio parlare di proposito di infrastrutture, perché non è per niente
chiaro dove si andrà a parare, ma qualsiasi testa pensante sa benissimo che certi livelli di assistenza
hanno un costo di mura, di materiale, di
uomini che in questo periodo di vacche
magre sarà un grosso problema reperire,
a meno che non si voglia fare come la certificazione di malattia on-line che è
ricaduta in toto sulle nostre spalle. Le nostre esperienze regionali di casa
della salute, per il momento mi risultano che siano solo sulla carta. Apprendo
che sono stati stanziati un milione di euro che sarà opportuno capire come sono
stati utilizzati, ma oramai in Umbria è la regola che i soldi della Medicina
Generale emigrino per altri lidi: è risaputo e consolidato oramai che tutti
soldi risparmiati da noi con la farmaceutica siano dirottati per finanziare
l’Ospedale ed altro. Comunque sia è prematuro poter esprimere giudizi su queste
case della salute, anche se al momento mi sembrano più occasioni di visibilità
per colleghi con umori elettorali o centri di erogazione che prenderanno il
posto degli attuali centri di salute con gli ambulatori dei generalisti dentro,
ma potrei sbagliarmi.
Ultime riflessioni fatte con lo spirito di chi si è
sempre interessato di formazione: il lavorare in aggregazioni funzionali
territoriali (AFT) o in unità complesse
per le cure primarie (UCCP), prevede il dovere imparare a lavorare in maniera
integrata con altri medici di medicina generale, con altre figure sanitarie e
francamente è un’operazione abbastanza difficile in chi ha sempre lavorato in
maniera isolata. Tale processo necessita di uno sforzo che ci verrà impegnati
per anni, dovrà anche essere
completamente riscritto il percorso formativo del medico a cominciare
dall’Università, che per precisione in questo momento non insegna nemmeno a
fare il medico di medicina generale.
Chi sono in questo momento i medici di medicina
generale? Sono degli esseri umani con età media 59 anni, molti stanno facendo il conto alla rovescia per andare in
pensione, la maggioranza è molto irritata per i continui compiti impropri e
burocratici che le sono affibbiati, è molto irritata per i paradossi fiscali
cui è sottoposta come lo stravolgimento del proprio studio di settore se assumi
personale dipendente. La maggior parte dei medici di medicina generale umbra
inoltre è molto irritata dal fatto di non avere un sistema informativo
regionale nonostante siano stati i primi
in Italia come prevalenza di informatizzazione e tante risorse siano state
spese senza risultati. Tutti i medici di medicina generale umbri sono inoltre
molto arrabbiati perché la regione Umbria non vuole fare applicare la sua legge
sul cosiddetto “ decalogo” per cui ieri ho dovuto fare 9 impegnative per una
paziente neeoplastica: 3 visite oncologiche controllo, 3 emocromo, 3 infusione
chemioterapici.
Mi si lasci
chiudere ricorrendo sempre a Tombesi che a mio giudizio è quello che è riuscito
a sintetizzare lo stato d’animo della maggior parte dei generalisti italiani a tal
proposito.
“Ora, oltre che occuparsi di cronicità,
cure programmate e domiciliari, le si chiede( alla
medicina generale ) anche l’esatto opposto: di fronteggiare l’acuzie
che si rivolge “impropriamente” al Pronto soccorso, organizzandosi per coprire
la bazzecola di 12 ore al giorno (c’è da scommettere, ad “isorisorse”), in
mancanza di qualunque presupposto fisico e funzionale per aggregarsi, e svolgendo
quindi anche un ruolo tipicamente di medicina di attesa. Altrimenti il Pronto
soccorso soffre. Verrebbe voglia di rispondere male, ma siccome è d’obbligo
essere educati, basti chiarire che quello che si sta cercando non è un medico
di medicina generale, ma Superman, un alieno che resiste a tutto – perfino alle
idee bizzarre – essendo notoriamente vulnerabile solo alla kryptonite verde.
Non resta che fare i migliori auguri per la ricerca, sempre più difficile dato
che entro pochi anni mancheranno molte migliaia di medici di medicina generale:
troppo poco attraente è oramai questa professione per i giovani medici che non
ambiscono certo ad un lavoro così incompreso e maltrattato.”
Lo leggo solo adesso ( fine marzo 2016 ) alla vigilia della nascita delle AFT obbligatorie nella mia regione ( Fvg ) . I problemi in umbria di 3 anni fa sono gli stessi irrisolti del Fvg di oggi. Dover lottare a furia di lettere raccomandate ai vari direttori sanitari perché i colleghi ospedalieri e specialisti ambulatoriali imparino a fare quello che noi facciamo da sempre, cioè ricette impegnative e certificati di malattia. A noi le sanzioni, le minacce e sdesso anche l'APPROPRIATEZZA, a loro la beata convinzione che noi siamo solo scribacchini mentre loro sono oberati di lavoro e da orari stressanti e logoranti...
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